Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
È sempre il solito discorso, la consueta dicotomia. Un libro, con le sue storie, i suoi apparati di messa in scena, la personalità dell’autore, i suoi mondi, il suo punto di vista. Un film che quel libro tenta di ridurre, portare al livello delle sue architetture, sintetizzare, rielaborare, se possibile migliorare.
La scuola cattolica (2021): locandina
La scuola cattolica non è un libro qualsiasi (al di là del Premio Strega vinto, poiché i premi letterari sono roba à la page, che spesso soggiacciono a logiche di conventicola e non di valore). È un romanzo-mosaico, pieno zeppo di suggestioni di ogni tipo, fatto di storie che si dispongono a raggiera intorno alla Storia, micropianeti che esplodono e lasciano detriti e residui luminosissimi che poi si compongono. È memoria, confessione, ricordo e speranza, dolore e malinconia, consapevolezza e noncuranza. È (auto)biografia che non fa sconti a nessuno, tantomeno all’autore, è lucido discorso interiore e notevole reportage cronachistico. È una corsa affannosa ed affannata verso il nocciolo (che in realtà occupa una parte limitatissima dell’opera), l’episodio di svolta, il fatto che cambiò vite e modi di intendere la vita, il tuffo nella realtà di cui gli anni precedenti non erano stati che necessaria e inevitabile fase preparatoria. Il massacro del Circeo ovvero della gioventù perduta e spaurita, che applica violenza cieca e altrettanto ciecamente (se non consapevolmente) finisce con il subirla. Come se non ci fosse spazio per altro che un destino bressonianamente già certo, conosciuto, compiuto o da compiere. Albinati prende la rincorsa da lontano e plana sulla cronaca che diventa storia, studia, abbozza e sbozza caratteri, prende in prestito dalla memoria gli indizi e infine le prove, cerca di comprendere e guardare al di là dell’orrore. Cosa erano diventati quei ragazzi dell’Istituto SLM, e le ragazze che recavano con sé lo stigma dell’agnello sacrificale (lo scrittore non si pone nella facile scia dell’indignazione e della pietà per le vittime poiché lo scrittore deve analizzare, capire, non lasciarsi guidare dalle inevitabili tormente emotive), cosa saremmo diventati noi tutti (e loro, del quartiere), dopo la scoperta di un male così francamente banale, chiuso, perso e perfetto in se stesso, un male inspiegabile e per questo così efficacemente puro. Un grande libro, complesso e multiforme, finemente stratificato, una incessante peregrinazione sulla impervia strada della conoscenza.
Poteva un libro così essere ridotto a film? 1300 pagine compresse in 90 minuti? Tutto si può, nell’ottica della buona fede e delle non cattive intenzioni. Altra cosa è la resa del prodotto finito, del frutto delle omissioni/semplificazioni/sintetizzazioni. Delle scelte dell’autore. Mordini ha scelto di focalizzarsi sul Circeo, scelta ovvia e latamente non discutibile, che de La scuola cattolica si è detto essere nocciolo, fulcro, ma non così scontatamente asse portante. Il problema è che sul Circeo e del Circeo si è visto e letto di tutto, trattandosi di fatto in cui la realtà ha ampiamente superato la fantasia in termini di presa sull’opinione pubblica, modo di porsi della stessa, conseguenze sull’immaginario collettivo. Gli attori del Circeo (quelli reali, non quelli stilizzati da Mordini con una voglia di aderenza alla realtà, anche fisiognomica, che a volte appare manichea) hanno rappresentato, e ancora continuano a rappresentare, la gratuità del male, la banalità senza freni della cattiveria. Un uomo come Angelo Izzo è già, suo e nostro malgrado, personaggio, prototipo bigger than life, bastevole con la sua immagine a farsi letteratura e rappresentazione filmica. Un film (tratto da un romanzo di così evidente complessità, è bene ripeterlo) non potrà mai penetrarne la essenza, riconsiderarla e trasfigurarla, sarà sempre un passo indietro rispetto alla realtà storica, psicologica e sociologica. Né un film ha il tempo materiale, il passo e il respiro necessari, di inserire una o più figure storiche in scenari di così chiara e irriducibile complicatezza. La scuola cattolica film, pertanto, abbozza (e non sbozza, come Albinati) figurine, tratti somatici e caratteri, assegna loro un cartellino (il carnefice, la vittima, il padre burbero in sospetto di fascismo, la mamma annoiata e un po’ troia, il compagno di scuola genio incompreso, la famigliola felice turbata dalla tragedia prima della Tragedia) ma si dimentica di eliminarlo alla prova dei fatti, alla resa dei conti. E questo, in un vestito che si vuole di ottima fattura, si nota.
La scuola cattolica (2021): Francesco Cavallo, Luca Vergoni, Giulio Pranno
L’ultima menzione non può che andare al casting scult. Detto dei ragazzi, perlopiù sconosciuti e dall’espressione troppo studiata e/o teatrale, non si può non notare tristemente lo spreco di attori altrove di vaglia, male o sottoutilizzati, diretti con mano non ferma ma tremante, alla ricerca di un senso spesso urlante o urlato. L’imbolsito Scamarcio, la per una volta sexy (chissà il mentore-pigmalione Moretti,,,) ma alquanto inespressiva Trinca, la scolastica Valentina Cervi, la Porcaroli in una parte difficile ma comunque scritta con approssimazione, sono appunto figurine, vestitini comprensivi di cartellino duro ad eliminarsi, simboli di un qualcosa, di una storia, di una cronaca, di cui si conosce già tutto e di cui Mordini si limita a fare e fornire un ripassino sostanzialmente inoffensivo, all’acqua di rose con tristi striature di sangue rosso vivo. La scuola cattolica non è nemmeno un film brutto, nell’ottica della buona fede di cui sopra, della necessità di apportare un contributo e di concorrere all’edificazione del nostro passato con un mattoncino di compartecipazione e di calore. È soprattutto, visti i natali e la derivazione, un film non necessario.
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Concordo in pieno, poc'altro d'aggiungere. Forse giusto un'ancilla, cioè che Gifuni reciterebbe bene anche la gassman-proverbiale lista della spesa. A testa in giù. Con la testa in un secchio.
Ecco, un'altra cosa. Un film (90 o 180 minuti che siano) riuscirebbe pure a delineare un carattere BTL. Se non fosse un film corale...
Assolutamente vero. Gifuni grande attore; ma qui ha un minutaggio talmente risicato da essere entrato nella mia sfera di oblio... ))
Come pure la Golino, mi accorgo adesso... ))
Golino ogni tanto - cioè poco, ma più di Gifuni - "stroppia".
Qui ho trovato - come del resto hai rilevato tu stesso - un po' impacciata Trinca: bene in generale, ma nella scena "hot" (cmq. molto più casta di quella "famosa" girata con black&decker Scamarcio - ecchissennò? - per Castellitto), diretta malaccio, è fuori parte.
Black&Decker Scamarcio... rido (che poi, se fossi donna, qualche riserva ce l'avrei. Ma l'occhio ceruleo è miele per le api). La scena con la Trinca l'ho proprio dimenticata (Nessuno si salva da solo?). Che poi, se fossi uomo quale pare io sia, direi che la Trinca non è, assolutamente e mai, percorsa dal demone dell'erotismo.
Tutti diretti male, qui, secondo me. Tutti mandati allo sbaraglio
Chapeau, mi manca il libro e anche il film (non il fattaccio però) ma la tua scrittura rimane come sempre al top!!!
Ciao, Paolo.
Ben ritrovato e grazie.
Del film puoi anche fare a meno; il libro te lo consiglio caldamente. Devo dire che io soffro di perverso snobismo nei confronti della letteratura contemporanea (specie italiana). Questo è stato dunque il primo approccio con Albinati: ho trovato la sua scrittura davvero densa e potente, formidabile.
Grazie Mario, mi spaventano un po' le quasi 1300 pagine ma terrò a mente il tuo consiglio. Un saluto:)
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