Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
A metà degli anni ‘70 Edoardo frequenta un liceo maschile e privato nel cuore del quartiere Trieste della capitale. I suoi compagni sono figli della buona borghesia Romana, cresciuti dai loro genitori come eredi delle fortune di famiglia. Al tempo stesso prevaricazione e misoginia si fanno strada fra gli adolescenti che vivono repressi da un’educazione e da famiglie che ergono a propri simboli il senso del dovere e una visione molto cattolica di tutto quel che avviene nella propria esistenza.
Il romanzo di Edoardo Albinati, docente Romano e autore di un mémoire vincitore dello Strega, che ripercorre i suoi anni liceali all’ombra di un quartiere elitario, è la fonte dalla quale il fiorentino Stefano Mordini decide di partire per analizzare a distanza di oltre quarant’anni un’epoca piena di contraddizioni, come le lotte armate e lo sfondo pieno di odio e apparenza nella quale viveva una generazione piena di possibilità economiche e libertà infinita. La voce fuori campo di Edoardo, alter ego dell’autore, impersonato da Emanuela Maria Di Stefano, alla sua seconda pellicola, ci accompagna fra gli stanzoni del Liceo San Leone Magno e delle case o ville nelle quali la vita di tutti i giorni, le paure degli adolescenti e l’apparenza la fanno da padrone. In una continua analessi la storia si riannoda per arrivare a descrivere chi fossero i tre compagni di classe diventati tristemente noti come i fautori del massacro del Circeo in un incrocio pieno di asettica follia ma non certo troppo differenti rispetto agli altri protagonisti.
La pellicola fuori concorso a Venezia, non scorre veloce ma invoglia chi guarda ad arrivare alla fine nella speranza che qualche cosa possa cambiare nella vita di una generazione macchiatasi della più impensabile delle colpe, ovvero l’essere troppo simile ai propri genitori. Il cast nel suo insieme prevale sulle prove dei singoli e la sola pecca che si può riscontrare a visione ultimata è l’essersi soffermati esclusivamente sui fatti di cronaca tralasciando il lato maggiormente didascalico di quello che, agli occhi dell’autore, era un modo per cercare di capire come e perché la vita possa porti a pochi cm da un mostro e cosa ti spinga a non assumerne le medesime sembianze.
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