Regia di Eshom Nelms, Ian Nelms vedi scheda film
Mala tempora currunt. In una società meritocratica, ognuno andrebbe trattato proporzionalmente al suo comportamento, distinguendo rigorosamente chi ha fatto il proprio dovere da chi è campato sull’operato altrui, punendo in maniera specifica chi ha prevaricato i meriti attribuibili ad altri facendo leva sulla propria posizione predominante.
Per una volta, guardiamoci negli occhi. Siamo talmente messi male fin dalla tenera età che lo stesso Babbo Natale dovrebbe cominciare a fare obiezione di coscienza, portando i doni solo a chi se li merita davvero, anche se questo significherebbe lavorare a mezzo servizio.
Proprio da quest’assunto prende forma Fatman, un film spiazzante che lascia l’amaro in bocca giacché sfrutta solo in parte un’intuizione letteralmente fulminante.
Nonostante le amorevoli cure di sua moglie Ruth (Marianne Jean-Baptiste), Chris Cringle (Mel Gibson), alias Babbo Natale, è ormai soggiogato da pensieri negativi. I bambini sono sempre più pestiferi e, potendo fare sempre meno regali in virtù di una ristretta platea di meritevoli, i suoi affari vanno in malora, tanto da obbligarlo a stringere un accordo secondario con il governo per impegnare gli elfi in una produzione militare.
Contemporaneamente Billy Wenan (Chance Hurstfield), un ragazzino viziato, inviperito per non aver ricevuto i regali che attendeva con ansia, ingaggia Skinny man (Walton Goggins), un infallibile serial killer, per vendicarsi.
La resa dei conti è dietro l’angolo.
Fatman rilegge la mitologia natalizia adeguandosi ai sciagurati tempi che stiamo vivendo, nei quali non è più possibile negare nulla a nessuno e tutto è semplicemente dovuto.
Lo spunto è oltremodo brillante, silente, caustico e sibillino, ma, lungo il tragitto, le potenzialità rimangono in buona parte inespresse.
In pratica, siamo dalle parti di un B-movie surreale, da un lato profondamente pessimistico, dall’altro predisposto alla generazione di un black humour che purtroppo non è costantemente affilato, denotando la mancanza di un preciso talento nella scrittura.
Dunque, una base estremamente promettente finisce annacquata da uno svolgimento che avanza per prevedibili gradi senza arricchire con cognizione il contorno, per giunta la stessa messa in scena è sostanzialmente blanda e ricca di occasioni mancate.
Se non altro, il finale è impreziosito da un redde rationem rusticano, dal sapore western e, più in generale, gli interpreti sono azzeccati. Mel Gibson è sformato, barbuto, alcolizzato e scorbutico, il Babbo Natale che serve all’uopo, Walton Goggins ha il naturale sorriso sgargiante di chi non ha nemmeno mezzo pelo sullo stomaco, mentre Marianne Jean-Baptiste assicura un adeguato contrappeso di affetto e ragionevolezza.
A conti fatti, Fatman irrompe in tackle duro e con giustezza nello spirito natalizio, si avvale d’interpreti adeguatamente calati nelle rispettive parti, ha una bella faccia tosta e un colpo di coda degno di nota, ma anche fondamentali sfilacciati, un agglomerato che, pur fotografando il degrado che ci pervade, non coglie sempre la palla al balzo per via di una scrittura non sufficientemente tagliente e sagace.
Bizzoso e spregiudicato, senza sfruttare pienamente le tante occasioni che immagina.
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