Regia di Jens Dahl vedi scheda film
"Breeder" si muove costretto nella gabbia che si è autoimposto come canovaccio erigendola con le sbarre forgiate nei decenni dai sottogeneri affrontati ricalcandoli.
“Non mi piaccioni i cani. Da bambina sono stata morsa. Proprio non riesco a fidarmi di loro. Con Karat però è diverso.”
Ecco, Karat è un… cavallo: e questa prima linea di dialogo, recitata dalla protagonista Sara Hjort Ditlevsen (“Borgman” e “Dirk Ohm, Illusjonisten”), dimostra quanto e come il copione di Sissel Dalsgaard Thomsen sia non “narrativamente”, ma “costruttivamente” sgangherato.
Da “Gattaca” ad “Old”, passando per “Hostel”, questo “Breeder” (allevatrice/selezionatrice), il secondo lungometraggio diretto [con goffe e impacciate scene d’azione, e almeno un evidente problema in sala di montaggio: l’alfanumerico marchio a fuoco compare, per ben due volte, sulla spalla di Mia prima che “il Cane” (Morten Holst) glielo infligga], ma non scritto (e come puro metteur en scène è la prima volta per lui), da Jens Dahl (dopo “3 Ting”, con Nikolaj Coster-Waldau, e il corto “2 Piger 1 Kage”, sempre con Sara Hjort Ditlevsen), già co-sceneggiatore, con lo stesso regista, del “Pusher” di NWR, raccoglie paure sbilenche e istanze di vendetta [Exploitation WiP (Woman in Prison), Medical Thriller, Torture Porn, Revenge Movie], mettendole in gioco e in atto con piatta automaticità (con una “coraggiosa” sottotraccia bondage-sadomasochistica che emerge “libertaria” nel finale, ma che avrebbe meritato ben altre possibilità dialettiche).
Sara Hjort Ditlevsen (mentre completano il cast Anders Heinrichsen, Signe Egholm Olsen, Jens Andersen ed Eeva Putro), lo stesso anno di “Breeder”, partecipa a “Gourmet”, il videoclip dell’omonimo brano di Nikoline Vicic Rasmussen, (Maria Di Donna + Veronica Lucchesi + Francesca Calearo) diretto e co-interpretato dalla stessa militante politica, Dottoressa in Fisica e porno-rapper danese: ecco, quello un’occhiata la merita.
Altro consiglio: al posto di “Breeder” - e a parte, ovviamente, il cronenberghiano e liminale solo semanticamente “the Brood” -, assistere attentamente a “Breeders”, la serie tv in 3 stagioni di e con Martin Freeman.
Lo stesso "Breeder" si muove costretto nella gabbia che si è autoimposto come canovaccio erigendola con le sbarre forgiate nei decenni dai sottogeneri affrontati ricalcandoli.
* * ½/¾ - 5.5
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