Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Un western nel pieno centro di Parigi, ai nostri giorni. La "ricostruzione" molto riveduta e molto corretta (o meglio, corrotta) della battaglia di Little Big Horn, dove il Colonnello della Cavalleria George Custer portò alla distruzione il suo reparto e dove lui stesso trovò la morte. Si tratta di uno dei pochi episodi in cui i nativi americani ebbero la meglio sugli invasori in giubba blu. Ciò poté avvenire perché le varie tribù indiane si unirono per sconfiggere gli uomini mandati dal Presidente (nel film Nixon, all'epoca già dimissionato). Questo della necessaria unione delle tribù native è il punto su cui insiste molto, all'inizio del film, l'indiano pazzo impersonato dall'impagabile Serge Reggiani, il migliore della comitiva.
Più che la trama o la ricostruzione storica, del resto improbabile (i soldati del Settimo Cavalleggeri accolgono Custer alla Gare de Lyon), conta la messinscena. Come è stato acutamente osservato, attraverso un genere emblematico come il western, Ferreri (un autore che merita di stare nell'Olimpo del cinema italiano e non solo) propone una mascherata in cui gli Indiani sono nello stesso tempo il proletariato oppresso, i Vietnamiti bombardati (oggi sarebbero gli Iracheni o i Palestinesi), i Cileni massacrati. Custer è invece MacArthur ed anche Pinochet (definizioni di Jacques Doniol-Valcroze).
Il film non è il capolavoro di Ferreri (qui anche in veste di sceneggiatore insieme al fido Rafael Azcona), ma non è neppure un "Ferreri minore" e vale la pena di essere visto. (24 marzo 2004)
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