Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
LUCIO FULCI - LA TRILOGIA DELLA MORTE - CAPITOLO 3
Terza ed ultima parte della celebre “Trilogia della morte”, che il regista Lucio Fulci gira nell’arco di due soli anni (tra il 1980 e il 1981) utilizzando anche stavolta, come per i precedenti due capitoli ("Paura nella città dei morti viventi" e "E tu vivrai nel terrore - L'Aldilà"), la bionda avvenente attrice Katherine (o Catriona) MacColl.
Un bel bambino biondo dai poteri sensitivi particolarmente spiccati avverte, semplicemente da un particolasre di una foto di una antica e severa villa, la presenza di una bambina (i cui lineamenti si notano pure vagamente nella stessa foto) che sembra fornirgli importanti avvertimenti o premonizioni. Suo padre è un ricercatore che deve trasferirsi nel New England per proseguire le ricerche iniziate da un collega, tragicamente suicidatosi dopo aver sterminato la famiglia.
L’uomo, la sua bella moglie e il bimbo si mettono in cammino verso la nuova destinazione, venendo a sapere solo al loro arrivo che sono costretti a soggiornare nella medesima villa che accolse il suicida e la sua famiglia, che naturalmente è la stessa della foto di cui sopra.
Intanto che il marito si reca in città al lavoro, nel giardino della villa il bambino si ritrova a colloquiare con la medesima bambina misteriosa intravista nella foto, ed assieme alla stessa scopre una sorta di cimitero che accoglie le spoglie della famiglia Freudstein, un tempo proprietaria della magione, mentre la moglie, che scopre pure un sarcofago in un antro sotto il pavimento della cucina, è turbata e spaventata da inquietanti fenomeni paranormali che la affliggono, compromettendone la serenità e la salute mentale.
Morti violente e macabre cominciano a verificarsi attorno alla villa, e a farne le spese, tra le prime vittime, si conta la bellissima baby sitter (la interpreta una conturbante Ania Pieroni, regina dell'horror italiano made in '80).
I misteri si infittiscono fino alla scoperta, da parte del capo famiglia, che il dottor Freudstein, decenni addietro radiato dall’albo per pratiche non è affatto morto, e si aggira tra le lugubri stanze e scantinati della villa, "affamato" di altrui vite per preservare la sua.
Il film, pur girato al risparmio come da tradizione del regista, gode di una splendida accurata ambientazione, sia in interni che in esterni, e a tratti si rivela efficacemente spaventevole, specie quando decide di giocare più sulla tensione delle attese e delle atmosfere, che quando si serve di effetti splatter piuttosto divertenti, ma poco seri.
Ed è bello, oltre che divertente, notare come, secondo una tradizione dell'horror di quegli anni, il rapporto tra vittima e carnefice è quasi ispirato da una attrazione irresistibile, che spinge la vittima quasi ad aspettare impaziente o quanto meno senza cenni di fuga, il suo spietato assassino: guardate la Pieroni a collo spalancato che si offre al coltello del suo assassino, il protagonista adulto attaccato dal pippistrello che se lo guarda mentre questi gli mastica la mano, o sua moglie che, mentre il figlioletto è nella cantina col mostro e la porta è bloccata, si limita a urlare e a dare colpetti alla porta, senza intervenire veramente.
Ingenuità assurde che tuttavia sotto sotto ci piace riscontrare negli horror di quegli anni (succede amnche ad esempio nell'esordio psichedelico di Abel Ferrara nel suo film ben più complesso stilisticamente di questo, ovvero The driller killer, in cui i barboni quasi anelano ad essere trapanati dal trapano del protagonista assassino.
Tornando al nostro, un film fatto per far soldi, ma dignitoso, seppur non all'altezza de L'aldilà, insuperato picco stilistico del prolifico regista romano conosciuto ed apprezzato molto anche all'estero.
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