Regia di Joachim Trier vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - CONCORSO
Julie ha trent'anni e il coraggio e la determinazione di mettersi in discussione ciclicamente, anche abbandonando progetti di studio o professionali che la vedevano inizialmente motivata e in ascesa. Sentimentalmente le cose non vanno molto diversamente, ma quando incontra l'affascinante disegnatore in odore di culto grazie al suo personaggio di lupo ribelle, Julie finisce per accettare di vivere con lui, nonostante i quindici anni di anzianità che li differenziano, e nonostante i progetti di paternità che premono tanto all'uomo, e puntualmente vengono rigettati dalla ragazza. Poi la voglia di evadere, la tentazione del tradimento, la malattia di lui che spostano sulla ipotetica vittima una penitenza ingiusta che lascia sensi di colpa e smarrimento.
Il regista danese naturalizzato norvegese Joaquim Trier sceglie di raccontarci tutto attraverso 12 capitoli, più un prologo ed un epilogo, ma la struttura frammezzata non fa che appesantire un excursus su personaggi verso cui è davvero difficile empatizzare, nonostante l'ironia di fondo che li cesella, a causa di una freddezza tutta nordica che li trasforma in statuine senza reale pathos, ma unicamente nevrosi da manuale da cercare di espellere. Belli, antipatici, inquietanti, al servizio di una messa in scena impeccabile, ma anche gelida che personalmente mi convince assai poco.
Nei panni del disegnatore 44enne Aksel troviamo il fidato e sensibile Anders Danielsen Lie, quasi una costante nel cinema di Trier, ma il punto di forza (e di inquietudine) appartiene alla bella e indomabile Julie, resa con calcolata passione da una travolgente Renate Reinsve.
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