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Il miglio verde

Regia di Frank Darabont vedi scheda film

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La recensione su Il miglio verde

di Serum
5 stelle

Un uomo accusato di aver stuprato ed ucciso due bambine viene condannato alla sedia elettrica e portato nel braccio della morte, ma i carcerieri scopriranno che non si tratta di un normale essere umano. Dopo il bellissimo Le ali della libertà Frank Darabont tenta di bissare l'ottimo risultato con un secondo dramma carcerario tratto da Stephen King e sicuramente il risultato è ben confezionato: nonostante le tre ore non annoia e gli attori sono abbastanza azzeccati (anche se Michael Clarke Duncan è troppo enfatico). A farlo crollare è la decisione, come per il precedente film, di restare saldamente ancorato al libro da cui è tratto, perché se Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank funzionava già di suo senza grandi adattamenti Il miglio verde è un romanzo ipertrofico, pregno di tematiche che spesso non riescono ad amalgamarsi e con un sacco di personaggi evitabili che appesantiscono inutilmente la vicenda. La trasposizione cinematografica ricalca perfettamente tali caratteristiche: c'è un lunghissimo preambolo sulla vita delle guardie che osservano i carcerati nei loro ultimi giorni di vita, con varie parentesi sulle modalità di esecuzione e sul modo in cui i carcerati vivono la condanna; poi viene introdotta la componente paranormale, che dovrebbe utilizzare simbolismi biblici (i poteri curativi, il vomito di mosche, il dolore per le sofferenze del mondo) per formulare una critica alla pena di morte, ma nel calderone viene gettato il razzismo, l'efficacia del sistema giuridico statunitense, i drammi familiari, l'immortalità come condanna, la legittimità della legge del taglione, la corruzione ed altro ancora, tutti temi abbozzati che dilatano l'opera rendendo vacua e quasi secondaria quella che doveva essere la sua colonna portante. Insomma la sensazione finale è quella di una pregevole supercazzola.

 

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