Regia di Frank Darabont vedi scheda film
Repetita iuvant”, sentenziavano i Latini e Frank Darabont ha fatto sua questa pillola di saggezza rimanendo saldamente ancorato alla fortunata banchina di “Le ali della libertà” e i risultati al botteghino negli USA lo confortano. Darabont sfrutta ancora un racconto carcerario di Stephen King, ambientato nel braccio della morte del Coal Mountain Louisiana State Penitentiary, chiamato eufemisticamente “il miglio verde”, in cui lo scrittore mescola i “racconti della memoria” (come “Stand By Me”) con le sue memorabili incursioni nel soprannaturale. La storia è un lungo flashback del secondino Paul Edgecomb, vecchio e stanco, che racconta un suo speciale incontro avvenuto in “Il miglio verde” nel 1935. L’arrivo del gigantesco prigioniero nero John Coffey porta in quel microcosmo la “grazia” divina; l’uomo è in grado di assorbire letteralmente i peccati e i mali del mondo e, nella sua vocazione ad un sacrificio ingiusto, si rivela come una figura cristologica di redenzione. È un miglio interminabile nei suoi 188 minuti di visione di cinema classico e di personaggi dalla grande umanità, ma non ha la grazia di “Le ali della libertà”, con una narrazione priva di grandi scarti e che odora di un buonismo talvolta melenso e sospetto.
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