Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Il presente non ha senso, se è come un intervallo aperto, sospeso tra un passato da dimenticare ed un futuro al quale si preferisce non pensare. L'immagine allo specchio restituisce il contenuto della mente rimosso per dolore o per paura; la donna vecchia è l'icona in cui il ricordo sepolto di una nonna autoritaria si ricongiunge, per Jenny, con la proiezione di sé nella temuta terza età. Il viso riflesso riassume un percorso circolare, che chiude l'arco del tempo, e stringe il sé e l'altro da sé in un paradossale abbraccio. La vita e la personalità della protagonista si fondano su un sistema di trittici (ieri-oggi-domani, nonna-madre-figlia, marito-amante-amico) vorticanti come girandole impazzite. L'irrisolta compresenza di più termini ed identità distinte – che ripropone la trinità freudiana di Io, Es e super-Io – blocca le decisioni e lo sviluppo della vita: solo la separazione, operata dal destino (la morte del nonno), dalla terapia psicanalitica (il percorso onirico successivo al tentativo di suicidio) ed, infine, dalla stessa protagonista (il divorzio ed il trasferimento all'estero), può garantire una via d'uscita. In questo film Bergman mette in scena un caleidoscopio della psiche, in cui i singoli luoghi rappresentano altrettanti stati d'animo (la clinica psichiatrica è la compassione, la casa dei nonni il dolore, l'appartamento vuoto la solitudine, il salotto di Tomas la disperazione), in un corto circuito di negatività ed impotenza, destinato a dissolversi con la presa di coscienza in extremis.
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