Regia di Joe D'Amato vedi scheda film
Su un atollo caraibico giungono due sopravvissuti di un disastro aereo: una hostess e un adolescente. L’isola è deserta e presto tra i due scatta la passione. Ma un giorno l’arrivo di un galeotto in fuga mescola le carte in tavola.
Ambientazione esotica, brividi erotici (in effetti poca roba), avventura, tensione, un triangolo amoroso, un pizzico di horror: cosa chiedere di più, specie per un prodottino a basso budget come questo Paradiso blu? Joe D’Amato un’idea ce l’ha: dare il ruolo della protagonista ad Anna Bergman, figlia di Ingmar in quegli anni dedita a un cinema pruriginoso al passo coi tempi, e firmare il film a suo nome, tentando di cavalcare il cognome paterno. Il risultato però delude oltre ogni aspettativa, dato che in questa pellicola non succede nulla di memorabile, i dialoghi sono scritti in maniera approssimativa e i personaggi rimangono perennemente stilizzati; sicuramente buona parte dei demeriti va attribuita alla sceneggiatura firmata da Garcia Casto de la Vaga, pseudonimo dietro al quale si cela Luigi Cozzi, anche se lo stesso D’Amato non firma una delle sue regie migliori (basti guardare la sequenza dell’aereo che precipita, verso l’inizio: piuttosto tirata via). Ulteriore elemento di richiamo poteva essere quel ‘blu’ del titolo che riporta al recente successo Laguna blu (Randal Kleiser, 1980), mentre le più che evidenti affinità con Paradise (Stuart Gillard, 1982), essendo uscito successivamente, paiono del tutto casuali. Anna Bergman, comunque non attrice particolarmente notevole in quel momento, è il nome principale del cast; assurdo – ma il cinema regala queste meraviglie – pensare che subito dopo sarà tra gli interpreti di Fanny & Alexander, il testamento artistico di uno dei Maestri della settima arte (vale a dire suo padre, d’accordo). A conti fatti neppure la colonna sonora di Stelvio Cipriani risolleva granché, nel contesto. 2/10.
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