Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
Film progeria(trico), e regista (diavolo custode) sterminatore.
Or, dic, un, poesia.
“il Viaggio”
Siamo arrivati?
No.
Siamo arrivati?
No.
Siamo arrivati?
No.
Siamo arrivati?
No.
Siamo arriv… //
[Sì.]
M. Night Shyamalan, con la sua Blinding Edge, abbandonando per una più unica che rara volta (tantum) Philadelphia e dintorni, e persino la Pennsylvania tutta, per approdare sulle coste della Repubblica Dominicana, sganciandosi dalla BlumHouse dopo un rapporto immen$amente proficuo, ma rinnovando la collaborazione con la distribuzione Universal (ri)legandosi ad essa per un dittico - di cui questo “Old” è il primo frutto (acerbo) maturato (putrefatto) - e mantenendo come punto di contatto fra i due periodi la Perfect World, inizia così la sua 5ª (Praying with Anger ↔ Wide Awake, the Sixth Sense ↔ the Happening, the Last Airbender ↔ WayWard Pines, the Visit ↔ Glass, Servant ↔ ?) vi(t)a, costruendo la sua opera n. 16…
– implementando “Château de Sable”, il graphic novel del 2010 scritto da Pierre Oscar Lévy e disegnato da Frederik Peeters, verso un finale grezzamente (ir)“razionale” e “sorretto” da tesi di psico/socio-patolologia spiccia che, innervando bentonico, ctonio e ipogeo tutta la narrazione, dall’alto e a ritroso, interviene, a suo modo “risolutivo”, a delineare un “perché” di genere in vece del “Perché” ultimo (e insoluto, inespresso) che abitava le pagine di carta, svergognandolo d’ogni imbarazzo che una pur sola parvenza d’approccio filosofico alla questione (la scena più commovente, quella dell'epifanico incontro fra le perdite dei sensi, è un'indifesa parafrasi à la "See No Evil, Hear No Evil") avrebbe creato, dismettendo per l’appunto ogni tentativo di Esegesi della Vita, dell’Universo e di Tutto Quanto, e avvalendosi dell’apporto artistico di Michael Gioulakis (“It Follows”, “Split”, “Under the Silver Lake”, “Glass”, “Us” e “Servant”) alla fotografia, di Brett M. Reed (anche lui in squadra pescato da “Servant”) al montaggio e di Trevor Gureckis (oltre a “Servant”, il recente “Voyagers”) alle musiche –
…attraverso le proprietà del fantasy (quindi ogni tipologia di sospensione dell’incredulità dal PdV tecnico-scientifico non è richiesta né invocata come invece sarebbe se ci trovassimo nel campo della SF e in tal caso si dovrebbe dimostrare come i bambini oltre a crescere fisicamente possano farlo anche intellettivamente, mentre quella di stampo decisionale legata ed applicata alle scelte comportamentali dei personaggi e alle loro reazioni mess’innanzi alle correlazioni di causa-effetto, quando è chiamata ad agire, risulta ben gestita) che, se da un lato consentono ampia libertà di margine e manovra, dall’altra impongono di non (troppo) sbracare: ci riesce, al limine, rasentando il pleonasmo (non solo semiotico - per dire: Crhystal è ipocalcemica, osteoporitica e ipercifotica - e orrorifico - la scena in cui il carattere appena nominato si aggroviglia disassemblandosi -, ma pure) esistenziale ed esprimendo il portato del suo senso racchiudendolo nella figura di Prisca (una magnifica Vicky Krieps che annichilisce il resto del cast, dalle promettenti Thomasin McKenzie ed Eliza Scanlen alla star Gael Garcia Bernal, passando per Rufus Sewell, Abbey Lee, Alex Wolff, Ken “Lost” Leung, Nikki Amuka-Bird, Emun Elliott, Embeth Davidtz, Aaron Pierre, Kathleen Chalfant, Gustaf Hammarsten, Francesca Eastwood e alla stessa, come sempre ottima, prova dello Shyamalan attore), ch’è della prisca - l’ultima rimasta tra gli avi, gli anziani, gli antichi, gli ancestrali - l’epitome incarnata.
Anche la WarrenWarren (che, se mettesse un annuncio sulle pagine di richiesta/offerta lavoro della Prealpina troverebbe più volontari gratuiti di quanto potrebbe mai necessitare, invece di dover ammazzare, assieme alle inconsapevoli cavie malate, anche i loro figli prevalentemente sani, inutili allo scopo prefissato della ricerca) corre contro il tempo -[e sotto questo aspetto in pratica “Old” - per ritmo (comunque sempre molto shyamalanico: solo che qui prende scorciatoie, senza però affrettare il passo) e architettura della storia, con una concentrazione parossistica degli avvenimenti che si susseguono gli uni sugli altri, divorandosi a vicenda - è l'inverso dello sfilacciato, estenuante e dilatato sino allo sfinimento “Servant”, e sarebbe stato molto più adatto da trasporre realizzandolo sul campo da gioco di una mini-serie]- e le (im)probabilità del caso/caos: alla 73sima “spedizione”, al plausibile ritmo medio di una meno virgola qualcosa al giorno, stanno per scoccare i tre mesi di mattanza accelerata, e dopo un già verificatosi evento casuale di fuga, neutralizzato in extremis, è solo questione di… tempo prima che l’irreparabile succeda nuovamente, accadendo... meglio, in pieno. Ed il film è la messa in scena di quell'addivenire.
(A Shyamalan je piacciono le rocce e la regola dei terzi je fa 'n baffo: oltre al cronosisma, l'eccentrico decentramento del quadro.)
Film progeria(trico), e regista (diavolo custode) sterminatore.
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