Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
Il tempo è un parametro determinante, che scandisce le esistenze di ognuno di noi dettando confini invalicabili. Trascorre inesorabile e conosce un solo senso di marcia, continuando imperturbabile a trasformare il presente in passato, accumulando esperienze da appuntare e organizzare sul nostro taccuino.
Il tempo è quella cosa che ci manca sempre, che tante volte sprechiamo perdendoci in discussioni inutili, che porta a rimpiangere le occasioni perse e quei momenti che avremmo voluto godere in modo diverso, che troppe volte scade prima di quanto vorremmo.
Old strapazza l’ordinamento naturale del corso biologico e impone un decalogo tanto tranciante quanto destabilizzante, che vede M. Night Shyamalan tornare a osare, come di recente ha fatto solo in The visit e non tentava dai tempi di The village, creando un sistema instabile e squilibrato, carico di suggestioni e forzature, con la provocatoria volontà di scatenare un acceso dibattito che - nel bene e nel male - è il sale di chi osserva il cinema (al cinema).
Guy (Gael Garcia Bernal – I diari della motocicletta) e Prisca (Vicky Krieps – Il filo nascosto) si concedono una vacanza in un luogo paradisiaco con i figli Trent (Alex Wolff - Hereditary) e Maddox (Thomasin McKenzie – Jojo rabbit). Giunti sul posto, incontrano un’altra famiglia, costituita da Charles (Rufus Sewell – Dark city, The man in the high castle), Chrystal (Abbey Lee – The neon demon), Karen (Eliza Scanlen - Babyteeth) e Agnes (Kathleen Chalfant - Junior).
Insieme a loro e a un’altra coppia, costituita da Jarin (Ken Leung – Saw. L’enigmista) e Patricia (Nikki Amuka-Bird - Quarry), decidono di trascorrere una giornata in una spiaggia isolata.
Ben presto si accorgeranno che qualcosa non va, che il tempo scorre in maniera anomala, per l’esattezza facendoli invecchiare di due anni ogni ora.
Cercheranno in ogni modo di fuggire da una trappola che, in apparenza, non contempla alcuna via di fuga.
Benvenuti nel nuovo incubo a occhi aperti architettato da M. Night Shyamalan elaborando la graphic novel Castello di sabbia di Pierre Oscar Lévy e Frederik Peeters, che hanno collaborato alla stesura della sceneggiatura.
Old ha un’ impronta tenace e una postura non sempre sostenibile, crea un produttivo senso di smarrimento, giocando d’azzardo. Ha un preambolo svogliato, seguito da un effetto domino che crea ansia partendo da una situazione di massima spensieratezza, con un processo di manomissione attraversato da continue fratture, distorsioni che incrinano la scansione del tempo, facendo impazzire la sabbia posta nella clessidra.
Trattasi di una manipolazione disturbante e minacciosa, che ammassa situazioni strillando, senza ritrarre il braccio, sfidando ogni algoritmo logico, con l’aggiunta di brevi velature di tenore straziante, quando c’è chi vede il suo tempo scaduto e, osservando l’orizzonte, nei suoi occhi e nelle rughe di un volto precocemente invecchiato, vengono incardinati quei rimpianti che fanno parte di chiunque.
Contestualmente, Old funziona per almeno un altro paio di motivi. Da un lato, non è un film che si accontenta di scodellare un canovaccio consueto e non accetta neanche di piegarsi all’idea di predisporre alcun paracadute, sfidando chi pretende di avere un quadro completo di soluzioni e spiegazioni. Dall’altro, lo stesso M. Night Shyamalan ricopre un ruolo attivo come interprete, che apre un (fruttuoso?) discorso teorico, su decomposizioni e associazioni, sulle ossessioni da controllo e osservazione.
Proprio per quanto appena scritto, la parte finale, peraltro diluita e lasca, annacqua il risultato complessivo andando decisamente oltre lo stretto necessario, quantunque apra il campo a ulteriori disquisizioni su tematiche attuali, addentrandosi – incautamente – sul piatto della bilancia costi/benefici della medicina moderna, su quelle supervisioni dall'alto (in altri termini, vedi Quella casa nel bosco) che fanno tremare i polsi.
Detto che un bel cast eterogeneo è al puro servizio della debordante creatività del regista, quantunque quasi tutti sfruttino i loro momenti di gloria, Old cammina sulle uova, flette e attiva la catapulta, vacilla e spiazza, scuote e tira la corda, mettendo con ogni probabilità troppa carne sul fuoco ma togliendo gli appoggi e proponendo un susseguirsi di considerazioni che, con le sue variabili correlate a tempo e natura, aprono fronti sterminati di riflessione.
Spregiudicato e sconquassante.
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