Regia di Guido Malatesta vedi scheda film
XIX secolo. Per costruire un'imponente ferrovia, il granducato di Parma convoca l'ingegnere americano Farrell. Questi trova però ogni genere di opposizione e boicottaggio al suo lavoro, non ultima la presenza di un'affascinante contessina austriaca, spia in incognito dal vicino regno.
Scritto dal regista insieme ad Arpad DeRiso, La strada dei giganti è un curioso film d'avventura e d'azione girato a budget ridotto, ma con dignitosa applicazione. Di curioso c'è innanzitutto l'ambientazione ottocentesca nel granducato di Parma, non certo un contesto classico per il cinema; anche l'atmosfera western che palpita nell'opera è elemento sostanzialmente fuorviante, poichè a tutti gli effetti ci troviamo in un altro continente e con altre prerogative di partenza. Infine, una certa leggerezza nella storia, non priva di momenti ironici, ricorda proprio gli spaghetti western di un decennio più tardi, con tanto di scazzottata furibonda tutti contro tutti verso il finale. Guido Malatesta era attivo da qualche anno dietro la macchina da presa, dopo un iniziale periodo di assestamento in qualità di sceneggiatore (ruolo che non abbandonerà comunque mai, portandolo avanti fino a fine carriera); la sua specialità sarebbe diventata entro breve il film d'avventura a basso costo: si spenderà soprattutto a licenziare peplum, cappa & spada e affini. Qui le scarse idee e gli altrettanti mezzi non pesano più di tanto e la vicenda si lascia seguire senza troppa fatica, complice la scrittura azzeccata dei personaggi; d'altronde il cast non è fra i migliori, potendo contare solo su nomi di medio-basso livello: Chelo Alonso, Don Megowan, Ivo Garrani, Hildegard Knef, Daniele Vargas e Paul Muller sono i principali, mentre una particina viene riservata a Carlo Pisacane-Capannelle, ai tempi superimpegnato dopo il successo de I soliti ignoti (1958). 3/10.
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