Regia di Petr Jákl vedi scheda film
Una storia inventata, ma non originalissima, per raccontare il modo immaginario le gesta di un eroe ceco, vissuto realmente. Impresa riuscita soltanto in parte, con un Ben Foster assai poco espressivo, e un magnifico Michael Caine che, purtroppo, funge più da richiamo che altro.
Ennesima storia "vera", che però di vero ha ben poco. Il regista intende narrare le gesta giovanili dell'eroe patrio, ‘Jan Žižka’, delle quali però non risultano cronache storiche. Dunque... inventa. Personaggi, episodi... il tutto, peraltro, attribuendogli un'età non proprio fanciullesca, considerate le fattezze di Ben Foster, ormai non più 20enne. Appurato che di vero, a parte alcuni personaggi storici, c'è poco o niente, accontentiamoci dunque della verosimiglianza storica delle situazioni socio-politiche. Un po' meno di quelle belliche, che sembrano una riproduzione degli Avengers.
Michael Caine è qui impiegato con grande astuzia: apre il film, così dando l'impressione di non essere solo a uso locandina... salvo poi sfumare all'orizzonte, e finire ben presto nel dimenticatoio. Di certo non lo avremmo prefigurato a brandire accette, ma - sia pure in un ruolo più statico - magari si sarebbe auspicata una presenza meno risicata. A onor del vero, comunque, quel poco che fa, lo fa in modo egregio: pensare che all'epoca delle riprese aveva circa 87 anni, si può solo inchinarsi dinanzi alla sua presenza scenica, tuttora emozionante.
Dopo il doveroso inchino a sua maestà Michael Caine, torniamo agli aspiranti sovrani della nostra storia... un po' (troppo) moderni, nel modo di fare, e certo alquanto caricaturali. Anche gli altri personaggi pagano lo scotto di un'impostazione pretenziosamente epica, che appiattisce le individualità, in nome dell'altisonanza. E' molto difficile dare un volto e un nome ai comprimari, e in particolare ai compagni d'armi del protagonista. Questa compagine sembra fotografata, in testa il capo, senza profondità di campo: a parte il condottiero, tutti gli altri sono sfondo incomprensibile. Peccato, però, perchè pure dello stesso Žižka’ capiamo ben poco, quindi inutile aspettarsi un William Wallace, per il quale commuoversi: il nostro, in questo caso supera di poco lo spessore emotivo di un cavernicolo. Non dissimilmente, altri li vediamo disperarsi per una sconosciuta, mentre magari gli hanno appena impalato il figlio (non in senso figurato, ma letterale!): tutto un po' esasperato, insomma.
La trama ricorda un po' pedissequamente L'amore e il sangue, di cui però non ha nè gli interpreti nè il regista... e si vede!
Le ambientazioni sono al minimo sindacale, e per lo più si tratterà di foreste o simili.
La fotografia è disomogenea: a tratti più virata sul grigio, a tratti meno. Le riprese nell'oscurità o nelle caverne, pur aggiungendo realismo, risultano però quasi (o del tutto) indecifrabili, con il risultato di rendere quasi ardimentoso tenere il passo dei continui scontri, e, soprattutto, aggiornare il conteggio delle vittime. Vittime che, peraltro, come nei migliori film dei supereroi, si contano sempre da un lato solo: quello dei cattivi.
Tolti gli scontri, francamente un po' ripetitivi e ben presto quasi noiosi, restano sequenze più lente e anch'esse ridondanti, volte a svelare le trame occulte del potere, che però sembrano fin troppo cervellotiche, e fanno ben presto domandare quanto possa esserci di vero. E la risposta è: niente.
Un'opera quasi circolare, che sembra appunto girare in tondo senza mai riuscire a spiccare il volo, o, perlomeno, percorrere una strada che vada da A a B. Nonostante tutto, alcuni bravi attori, le atmosfere, un apprezzabile intento politico (giustizia e libertà) e alcune scene di scontri di buon livello tengono a galla il tutto, non facendo rimpiangere la visione.
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