Regia di Evan Cecil vedi scheda film
Adrenalico e spietato thriller con risvolto da survival movie, per un esordio nel lungometraggio di tutto rispetto. Rilettura allucinata del Two thousand maniacs di H.G.Lewis, girata con stile e molto ben interpretata.
Presso Hackett Ranch le persone di passaggio scompaiono misteriosamente. Da oltre cento anni circolano voci su un misterioso culto del quale i proprietari del ranch si dichiarano estranei. Un autobus di anziane persone, in arrivo per assistere a un rodeo, finisce vittima di un gruppo di sanguinari assassini, proprio quelli che operano nell'Hackett Ranch.
Evan Cecil, dopo una lunga militanza dietro la macchina da presa alla direzione di episodi per serial televisivi, ha l'opportunità di esordire nel lungometraggio. All'opera su una sceneggiatura di Roberto Marinas, mette in scena un thriller estremamente crudele, in parte in debito con H.G.Lewis: sia per la componente splatter (tra l'altro sostenuta da effetti speciali di alto livello), sia per la scelta di orientare il tutto in un villaggio che ricorda (fatte le opportune distinzioni) Two thousand maniacs (1964). Ovvero i locali massacrano i turisti e gli occasionali spettatori di rodeo. Lasso però va oltre, dato che nel film di Lewis gli assassini erano, per così dire, spettri dei residenti massacrati cent'anni prima durante la guerra di secessione. Qui i cattivi (e lo sono veramente, per come trattano gli esseri umani, ossia al pari delle bestie) sono cowboys che aggrediscono sfortunate "prede" sotto effetto di anabolizzante per cavalli (!). Il tutto per puro divertimento, senza uno straccio di motivazione.
Cecil si ritrova così a mettere in mostra un campionario di efferatezze senza precedenti. Cattle prod, lazi, uncini, e oggetti utilizzati solitamente per la cattura degli animali trovano qui un utilizzo spaventosamente deviato. La trama del film è limitata e spesso poco definita (ad esempio il clown del rodeo agisce inaspettatamente a favore delle vittime), ma questo permette al regista di focalizzare la sua attenzione sulla messa in scena e di puntare a mettere in atto sequenze adrenaliniche e spettacolari. L'ottima fotografia, interpreti decisamente in ruolo (tra loro anche Karen Grassle, celebre star del serial di metà Anni '70, La casa nella prateria) e un doppiaggio esemplare (con effetti acustici distribuiti ottimamente sui 5+1 satellliti dell'home theatre) fanno di Lasso un piccolo cult del brivido, rimasto ingiustamente inedito in Italia. La cura del dettaglio emerge sin dai credits iniziali, con il titolo espresso mediante l'uso del logo (al posto della O finale) che rappresenta il marchio utilizzato dagli Hackett per contrassegnare, a fuoco, le sventurate vittime. Lasso ha però un altro pregio, offrendo un variegato gruppo di superstiti composto da anziani e giovani (non è quindi il solito teen movie), in grado di animare l'azione grazie ad un finale catartico e assolutamente degno di nota. Dopo aver subito torture e soprusi al limite del pensabile, la cattiveria dei sopravvissuti si manifesta in reazioni di pari grado (e forse anche superiore) a quella dei carnefici. Un titolo che può garantire, a ogni ogni appassionato di cinema horror, il trascorrere di 100 minuti in piacevole intrattenimento. Aspettiamo Evan Cecil alla prossima occasione (è in lavorazione sul drammatico Bunker, titolo di tutt'altro genere), sperando che possa mantenere fede alla buona premessa.
P.S. Grazie a Cindy_Hammer, per averne suggerito la visione.
"Chi conosce la crudeltà nascosta dei rodei sa che quanto trasmesso alla televisione non è quello che accade veramente. In televisione non si vedono pungolatori elettrici né torcimenti della coda. Non si discute di cinghie strette ai fianchi e a che cosa servano. Questo è prevedibile, considerati gli sponsor commerciali e la necessità di presentare il rodeo come uno 'spettacolo per tutta la famiglia'. Ciò comporta la censura di morte e ferite." (Tom Regan)
Trailer
F.P. 21/09/2020 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 97'04")
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