Regia di Domenico Emanuele de Feudis vedi scheda film
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Un giovane e brillante uomo d'affari, impegnato sentimentalmente in una relazione con una bella donna spagnola con a carico una figlia ancora bambina, decide di portare entrambe a far visita alla propria terra d'origine, nel vecchio podere in cui abita ancora quel che resta della sua famiglia.
In loco la bambina, ammaliata dalle attrazioni che la vecchia tenuta esercita sulla sua curiosità di bambina, finisce per essere morsa da una tarantola, che le crea stati febbrili e scompensi che la portano vicino ad uno stato di delirio.
Ma alla anziana madre del nostro protagonista, la circostanza la fa pensare piuttosto al fatto che la piccola sia vittima di un maleficio.
Il modo strano di comportarsi della donna, finisce per insospettire la madre della bambina, che cerca di fuggire con la piccola, fino a che la situazione non precipita in qualcosa di ancor più minaccioso e micidiale.
L'opera prima di Domenico Emanuele De Feudis possiede l'ambizione di voler amalgamare il culto della tradizione del luogo d'origine, dei racconti fantastici legati ad una determinata tradizione popolare, con il puro prodotto di genere.
L'esperimento, interessante almeno nella teoria, frana tuttavia e purtroppo già dal punto di vista narrativo, afflitto da una sceneggiatura debole sopraffatta da personaggi davvero abbozzati e troppo poco convincenti, che paiono comunque stereotipi completamente distanti da quella parvenza di credibilità che l'appartenenza al costume locale dovrebbe in qualche modo garantire.
I protagonisti, anche quando attori noti come il protagonista - un Riccardo Scamarcio in questi ultimi anni attivissimo, ma forse proprio a causa di questa bulimia interpretativa, non sempre avvezzo ad azzeccare le parti che gli vengono proposte – appaiono sfocati, soffocati dai cliché di una vicenda che non riesce mai ad apparire convincente, né tanto meno a risultare appassionante, nella quale quello che manca più di tutte, è forse proprio quel "legame" tanto annunciato con una realtà circostante, quella del luogo di appartenenza, che invece appare edulcorata e distorta ad uso e consumo di controversi gusti estetici e narrativi, improvvisati o poco approfonditi, rimasti intrappolati in una esteriorità contorta che infastidisce e mortifica la visione.
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