Regia di Alessandro Celli vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 78 - SETTIMANA DELLA CRITICA
Sfruttare i problemi del presente per proiettarsi verso un futuro imminente senza speranza.
Ecco una Taranto intossicata dai fumi delle acciaierie, che tuttavia si è scelto di preservare incuranti dei danni che ne derivano nei confronti di tutti coloro che non possono trasferirsi e fuggire altrove, e per questo costretti a sopravvivere in un contesto alla Mad Max ove ogni giorno la sopravvivenza è messa alla prova.
Pietro e Christian, due ragazzini che fanno parte del mondo dei reietti, e che vengono soprannominati Mondocane e Pisciasotto, cercano di fare breccia sul carismatico capo di una sorta di resistenza, conosciuto come Testacalda.
Il gruppo di teppisti che lui comanda, è intenzionato a far entrare Mondocane, ma costui si defila adducendo che o li si accetta entrambi, o nulla.
Verranno accettati in una seconda occasione, ma se per Mondocane il gruppo non costituisce occasione per smettere di pensare con la propria testa, rifuggendo metodi e soluzioni che proprio non riesce a condividere, non così si verifica per il suo amico Pisciasotto, che, una volta nella gang, non si farà scrupolo di obbedire ciecamente a ciò che gli viene richiesto, pur di ingraziarsi i favori del carismatico capo.
E' certo interessante che il cinema nostrano si occupi di storie e generi che finalmente ci portino un po' distante dalle solite, spesso incolori commedie che caratterizzano troppa della produzione nazionale.
E Mondocane si avvale di un contesto apocalittico e fantascientifico che prende spunto con acume da questioni e dilemmi irrisolti che caratterizzano un contesto assai reale e oggetto di polemiche irrisolte che partono da un contesto socio-economico di sfruttamento senza criterio, fino a sfociare in contesti ecologico sanitari a causa delle drammatiche conseguenze che tali attività industriali hanno determinato ai danni della popolazione circostante.
Peccato che questa brillantezza di intuizioni, a cui corrisponde un indubbio sforzo in sede di costruzione dei contesti, valorizzati da una fotografia davvero notevoli, vengano sviliti da una storia piena zeppa di luoghi comuni e di banalità, all'interno della quale si muovono personaggi davvero deboli e così sopra le righe, da risultare caricaturali.
Primo fra tutti, spiace ammetterlo ma è plateale, il Testacalda di Alessandro Borghi, personaggio davvero risibile e afflitto da una gestualità e da vezzi insopportabili che lo rendono una macchietta già subito dopo i primi minuti in scena.
Ma anche i due ragazzini, pur bravi e ispirati (il biondo dalla voce cupa interessante Dennis Protopapa e il moro condizionabile Giuliano Soprano), risultano afflitti dal vittimismo e dalla prolissità che imperversa nella costruzione dei rispettivi personaggi e dei contesti attorno ai quali costoro finiscono per interagire.
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