Regia di Ron Howard vedi scheda film
Dato per assodato che la vita è dura per (quasi) tutti, per qualcuno lo è molto di più. Di fatto, viviamo in una società nella quale è prassi fare di un filo d’erba un fascio, con giudizi espressi senza attingere a un report completo, che includa un background approfondito. Così facendo, l’apparenza detiene un peso specifico predominante e l’estrazione sociale delinea un perimetro che, ponendo in risalto parametri secondari molto cari all’alta società, innalza barriere in contrasto con il tanto famigerato (e invocato) ascensore sociale.
In pochi travalicano i confini dettati da questa visione prettamente deterministica. Riescono nell’impresa grazie alle proprie capacità, ma anche per risorse che vengono da lontano, da persone che hanno saputo prendere il toro per le corna.
Università di Yale, 2011. J.D. Vance (Gabriel Basso) studia giurisprudenza, fa tre lavori contemporaneamente per mantenersi e ha una felice relazione sentimentale con Usha (Freida Pinto). Proprio quando i colloqui che determineranno la sua carriera entrano nel vivo, riceve una chiamata da sua sorella Lindsay (Haley Bennett), che lo informa delle preoccupanti condizioni in cui versa loro madre Bev (Amy Adams), ripiombata nella spirale dell’eroina.
Così, nonostante gli impegni in corso, J.D. decide di fare un rapido rientro nel Kentucky, nel tentativo di risolvere la questione. Nell’occasione, non potrà fare a meno di ricordare sua nonna Mamaw (Glenn Close), una donna ruvida e di sostanza che è stata fondamentale nel suo percorso formativo.
Trasposizione dell’omonimo romanzo autobiografico, pubblicato dallo stesso protagonista nel 2016 e plasmato per il cinema da Vanessa Taylor (La forma dell’acqua), Elegia americana tratteggia una parabola nel solco del sogno americano, con il punto di vista maschile riflesso nella figura di quattro donne, occupanti buona parte dei ruoli chiave nella vita di un uomo (nonna, madre, sorella e la compagna che sarebbe poi diventata sua moglie, nonché madre dei suoi figli).
Lo svolgimento è dominato da incessanti andirivieni temporali tra il presente e gli anni che hanno determinato la formazione del protagonista, costituendo una progressione sensata ma dall’equilibrio precario che, tra (parecchi) scatti nervosi e (occasionali) squarci di entusiasmo, provoca una sensazione non troppo dissimile al mal di mare.
Un viatico che non permette di acclimatarsi, tuttavia tutt’altro che inerte, movimentato com’è dal ruolo – croce e delizia - della famiglia, baluardo della resilienza ma anche fonte di svariate problematiche, da un’impervia transizione dalle umili origini a un rango riconosciuto come rispettabile, con motivazioni rassodate dal riscatto e dalla riconoscenza, tra la comprensione e gli attriti, attrazioni e repulsioni, insegnamenti e sacrifici.
Tinte contrastanti, evidenziate da attrici su di giri, convocate per disegnare tratteggi di caratteri volgari e schietti, umani e intrattabili. Se Amy Adams ha un ruolo di routine, che espleta con un evidente (e inevitabile?) sovraccarico, Glenn Close è schiacciante, vale da sola il prezzo il biglietto e ha un’incidenza straordinaria, essendo il fulcro di tutte le scene migliori (la candidatura come miglior attrice non protagonista parrebbe nell'ordine delle cose).
Detto che Ron Howard è ormai da anni lontano dalla forma migliore (nei primi anni duemila dominava il botteghino con Il grinch e vinceva gli Oscar con A beautiful mind prima di precipitare all’Inferno e aggiustare la rotta di Solo – A Star wars story con un fastidioso lavoro di addomesticamento) e che la sua mano è indulgente, a suo agio soprattutto sulle aperture ad alto tasso emotivo, Elegia americana ha una composizione concitata e un linguaggio d’ordinanza, ma anche radici inestirpabili che forniscono ritratti di donne che hanno sofferto e sbagliato, ferite e inacidite dal loro vissuto, con sfide combattute per uscire dal degrado o comunque far emergere il potenziale di chi, tra cadute e rinascite, ha bisogno di una spinta per regalarsi una vita migliore, senza che questa conquista comporti un rinnegamento o la cancellazione del proprio passato.
Combattuto.
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