Trama
Jade, una ventenne, un giorno ruba una borsa nella metropolitana di Parigi. Quando ne scopre il contenuto, realizza di aver appena rapinato una povera lavoratrice. Provando rimorso, si reca a casa della donna per restituirle i suoi effetti. Ha così modo di conoscere Esther, una donna sulla sessantina che, apprestandosi a terminare la sua carriera presso la casa di moda Dior, si propone di trasmetterle i suoi segreti sul cucito, la sua unica e vera ricchezza.
Curiosità
INTERVISTA ALLA REGISTA
Il film ha una risonanza autobiografica?
Come i miei libri, anche il film presenta una dimensione autobiografica o meglio argomenti che mi riguardano da vicino. Mi sono risposata dopo quattordici anni con un uomo che aveva una bambina di cui mi sono presa cura come se fosse figlia mia. Il che ha avuto un impatto su mia figlia che sicuramente ne ha risentito e, a 13 anni e mezzo, è andata a vivere con suo padre. Quest'esperienza di maternità si è unita a un altro aspetto che mi riguarda: l'attaccamento alla patria. Il mio amore per la Francia, raccontato nel mio primo film, trae origini dalle mie radici e dalla mia formazione. Questo progetto è nato dalla mia esperienza di madre di una ragazzina che si è ribellata, da quella di madre adottiva che ha fatto bene il suo lavoro e dal grande amore che nutro per il mio Paese.
E in che modo l'universo dell'alta moda ha trovato spazio nella sua storia?
Un giorno, una mia amica, appartenente a una famiglia dell'alta borghesia, stava cercando un abito da sposa ma è rimasta incinta prima del matrimonio, cosa disdicevole per il mondo a cui apparteneva. L'ho accompagnata in una casa d'alta moda, dove all'epoca avevo i miei contatti, e le sarte ci sono venute incontro. Ho chiesto loro cosa potevamo fare per nascondere la pancia e sono rimasta colpita dal netto contrasto tra le loro mani di fata e il loro linguaggio da scaricatore di porto! È stato allora che le ho sentite dire "è il gesto che conta". Mi è rimasto impresso e mi sono detta che prima o poi occorreva rendere omaggio a quelle donne e al loro lavoro.
Entri nel mondo dell'alta moda da una prospettiva inedita: quella delle sarte.
Volevo filmare le sarte al lavoro e mostrare che dietro la magnificenza dei grandi abiti ci sono persone normali che fanno magie. Tuttavia non volevo opporre il mondo dei ricchi proprietari delle case di moda con quello di chi ci lavora. Anche se chi ci lavora, diciamocelo, non se la passa poi così male. "Ho uno stipendio quasi da dottore", mi ha confidato una volta una stagista da Dior. Quindi, non era mio obiettivo contrapporre capi come Bernard Arnault, che fabbrica ricchezza e promuove l'immagine della Francia nel mondo, con le sarte.
Come nel tuo primo lungometraggio, racconti il percorso di una ragazza che vuole emanciparsi dal mondo e dal contesto sociale in cui è cresciuta.
Si, tutto parte dalla mia esperienza personale. Per raccontarle, devo aver vissuto o sentito determinate cose. Per me, la Francia è fondamentalmente una terra di benevolenza dove tutto è possibile e ogni sogno può realizzarsi. In Francia, anche se non hai studiato, puoi aspirare a certi lavori se ne sei all'altezza. Ovviamente, ci sono ragioni egoistiche che spingono Esther ad avvicinarsi alla giovane, rompendo lo stato di solitudine in cui si trova. In cambio, la giovane ottiene un'educazione, un nuovo modo di rapportarsi alla vita e un cambio di prospettiva. Dopotutto, cosa c'è di meglio di un lavoro per ridare senso alla propria vita?
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