Regia di Enrico Vanzina vedi scheda film
È il marzo del 2020, due coppie ‘scoppiano’ esattamente all’arrivo del lockdown nazionale: i quattro malcapitati saranno costretti a rimanere chiusi in casa, pur non sopportandosi.
Sciacallaggio? No, davvero. Al massimo Lockdown all’italiana è un gesto inopportuno, indelicato, e senza dubbio eccessivamente affrettato. E questo è l’unico inequivocabile ‘merito’ (ammesso che lo sia) riconoscibile all’esordio registico di Enrico Vanzina – anche sceneggiatore del film: essere arrivato per primo, aver colto l’attimo. Eppure qui non ci si ritrova a ironizzare sul fenomeno del momento, su qualche moda passeggera o su abitudini, tormentoni e amenità varie; qui si sta ambientando una commedia sciatta e largamente stereotipata (e perciò fasulla, altro che satira) durante un periodo semplicemente tragico. E ancora tutto da elaborare. In sostanza Lockdown all’italiana potrebbe essere una pellicola girata in qualsiasi luogo e tempo, per quanto è stilizzata la trama e quanto sono già straviste le soluzioni narrative adottate; l’espediente della quarantena casalinga forzata è poco più che un pretesto e peraltro contribuisce a far realizzare il lavoro in maniera rapida ed economica, potendolo girare completamente in interni (eccetto una breve sequenza in terrazzo e qualche neutro fegatello, probabile materiale di repertorio): di offensivo non c’è proprio un bel nulla. Più di quanto risulti offensivo un film medio dei Vanzina, si intende. La tirata morale quasi chapliniana messa a un certo punto in bocca a Ezio Greggio, sulla necessità di fare “il cazzaro” anche durante una tragedia che vede persone morire, altre non poter salutare i propri cari in ospedale e altre ancora perdere il lavoro da un giorno all’altro, ecco: quella sgraziata filippica è il punto più trash di un’opera fisiologicamente trash, ma è talmente buttata lì (e, va riconosciuto, talmente recitata bene da un ottimo caratterista comico quale Greggio) da non riuscire neppure a suscitare sdegno; ha il valore che ha: è una rivendicazione da parte di Vanzina a rifare sempre e comunque lo stesso filmetto sbilenco e cafone, anche in tempi funesti, o per riassumere: è il suo modo di mettere le mani avanti di fronte alle inevitabili critiche. Detto ciò, la sua prima prova dietro la macchina da presa dimostra al di là di ogni perplessità che non servono particolari doti per girare un film – certo, se se ne ha qualcuna, il film verrà comunque meglio di questo; la scelta di buoni interpreti come Paola Minaccioni e Ricky Memphis va apprezzata, Martina Stella limita i danni, Maria Luisa Jacobelli (figlia del giornalista sportivo Xavier) non è un’attrice e in piccoli ruoli compaiono anche Riccardo Rossi, Maurizio Mattioli, Biagio Izzo e Fabrizio Bracconeri. C’è di peggio, e questo è ciò che un po’ sconforta. 1,5/10.
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