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Blackjack

Regia di John Woo vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Blackjack

di alan smithee
4 stelle

Jack, un ex soldato ancora molto in forma fisicamente, si ricicla e sopravvive come guardia del corpo, e si dimostra così bravo che un suo amico dei tempi dell'esercito, divenuto ora un agiato gestore di casinò, non ci pensa un attimo nel rivolgersi a lui quando un malvagio boss si presenta dinanzi a chiedergli un vecchio conto, minacciando l'incolumità della bimba. La salverà in extremis ed in modo rocambolesco, rimanendo vittima di un malessere fastidioso che lo renderà quasi cieco in presenza di una grande quantità di colore bianco. Per questo si sottoporrà alle cure scrupolose di una avvenente dottoressa piuttosto esperta in materia.

Poco tempo dopo lo "zio Jack" finirà per divenire il padre putativo della bella ed intelligente bimbetta, tenuto conto che i genitori rimarranno vittima di un attentato ordito dallo spietato boss.

Poi la vicenda si sposta sul nuovo incarico di Jack, che riceve il compito di proteggere una top model minacciata costantemente da un killer che, armato sino ai denti, tende alla giovane donna numerosi attentati e trappole volte a ucciderla. Si scoprirà che l'uomo è assai legato alla modella, e soffre di una crisi legata al successo di lei, inversamente proporzionale alla propria situazione professionale, virata verso un insuccesso più clamoroso ed incontrovertibile.

In piena epoca di avventura americana da parte del gran regista cinese John Woo, dopo successi di pubblico e di critica come Face/Off e prima di Mission Impossible 2, entrambi ottimi prodotti di cassetta con spiccata vena autoriale, Woo tenta di portare verso la serie A pure il granitico Dolph Lundgren, memore del buon esito dell'avventura con Van Damme con Senza tregua, di cinque anni prima.

E Lundgren, se proprio andiamo a vedere, si presenta versatile e sciolto come mai fu prima e sarà nel prosieguo della sua nutrita ed ancor attiva carriera nell'action di serie B. Il film, forte di scene madri esagerate e magniloquenti che solo col Woo "cattura-poesia-nel-movimento" che ben conosciamo ed apprezziamo, riescono comunque a risultare comunque grandi momenti di cinema e d'emozione, soffre però di una sceneggiatura devastante, non tanto perché assurda, ma quanto perché mal congegnata, raffazzonata, poco omogenea e tutta accumuli: uno script micidiale, che si circonda di personaggi risibili (la dottoressa tutta ingioiellata e perennemente costretta in tailleurs da prima teatrale) o macchiette senza spessore tutto attorno al nostro protagonista, che, ripetiamo, per essere il Lundgren che "ti spiezzava in due", risulta ancora uno dei tasselli meno compromettenti o compromessi di questo pasticcio senza soluzione, imbarazzante e goffo senza rimedio.

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