Regia di Gianfranco Mingozzi vedi scheda film
Nonostante un florilegio di scene efferate e pecorecce che nel cinema dell'epoca ha pochi eguali (si passa da una violenza carnale perpetrata nel recinto dei maiali al taglio dei capezzoli di una suora, da una sodomizzazione con taglio della gola del malcapitato a una crocefissione, da un impalamento a uno scorticamento, solo per citare gli "effetti" più memorabili), Mingozzi, che pure dimostra qualche buona capacità di regista, resta ben lontano da registi veramente "politici" come il Ken Russell dei "Diavoli" o il Pasolini di "Porcile" e del "Decameron, ma anche dal Sergio Citti delle "Storie scellerate". Probabilmente Mingozzi volle dire tutto e in maniera fin troppo esplicita, anziché affidare il proprio messaggio protofemminista alle prese di posizione, enunciate con eccessiva consapevolezza - siamo nel 1400, e che diamine! - da Flavia e dalle sue consorelle. Io penso, insomma, che quando ci si accinge a girare un film, anche di ambientazione storica, anche di argomento politico e femminista, si dovrebbe tendere più a Dreyer, Bergman, Fellini, piuttosto che ad Elvira Banotti.
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