Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Prima di "The millionaire" per Danny Boyle c’è "The beach", la voglia di raccontare la decadenza del mondo chiamato “civile”, attraverso l’avventura di un giovane ragazzo americano, viziato, altezzoso che non può rappresentare altro che la decadenza giovanile. Le intenzioni sono buone ma la messa in pratica diventa difficile, nonostante alla base della sceneggiatura ci sia l’omonimo romanzo di Alex Garland. La partenza non è affatto male: il caos, la banalità stupida delle persone, la mappa verso un mondo che sembra parallelo e funge da “terra promessa” a solo pochi eletti. Il viaggio comincia e pare che ci sei dentro: ti stanchi nuotando, ti sporchi strisciando e urli di paura lanciandoti dalla rupe d’accesso. Ma il ritmo, già comunque lento di suo, si abbassa ancora di più passata l’eccitazione visiva della spiaggia, incantevole perdizione umana. Il paradisiaco godimento è una parabola talmente breve, con tanto di intermezzo di ritorno al mondo, che quando arriva la tragedia annunciata è davvero troppo presto per carpirne le intenzioni, seppur (ripeto) buone. La sabbia immacolata si tinge di rosso, e se c’è chi muore e viene ricordato, c’è anche chi rimane gravemente ferito e, nell’impossibilità di essere curato, viene abbandonato affinché sia dimenticato, perché niente possa intaccare la serenità conquistata. Guarda caso il nome del sofferente-allontanato-dimenticato è Christo, non c’è spazio per lui nel paradiso umano che però si rivelerà un inferno per un colpo di pistola sparato da chi si riteneva a capo di un meccanismo che sembrava non doversi inceppare mai. Ma l’uomo non sa vivere fuori dal mondo, ha bisogno delle cose di cui palesa il non bisogno e la mancanza di esse lo aliena fino a perdere (quasi) la ragione, che ritorna improvvisa con uno schizzo di sangue sul viso. Danny Boyle incasina troppo le cose, mischia le carte e ne viene fuori un pasticcio che risulta difficile da seguire e non attanaglia lo spettatore se non in rare occasioni dimenticate. Tilda Swinton è inarrivabile, Virginie Ledoyen e Guillaume Caneta confronto sembrano (?) pivelli senza talento iscritti a una scuola di recitazione. DiCaprio ha un’espressività che riesce sempre a tirarlo fuori dagli impicci e poi in costume ha sempre il suo perché, ma lui e la Swinton non bastano a salvare il film anche se la location merita una stella speciale, a parte.
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