Regia di Paolo Taviani vedi scheda film
UNO E’ NESSUNO….Pirandello in un suo saggio teorico distingueva fra comico ed ironico: quest’ultimo si verifica quando il tragico mette il trucco, si imbelletta. Si ride amaro insomma. Paolo Taviani sembra scegliere la stessa strada, difficile dire se percorribile anche da chi non è cultore del grande drammaturgo: il pensiero dello scrittore trova una conferma nelle vicende, al limite del grottesco, toccate alle sue ceneri. L’esistenza dell’uomo è l’agitarsi di un burattino sotto un cielo di carta lacerato: non si è che maschere grottesche ingabbiate in un’identità a cui il vivere in società ci condanna. Emblematica cosi è la sorte rocambolesca toccata alla cassa contente i resti del premio Nobel: di chi è la piccola bara portata in processione? Chiede una bambina ai genitori e parenti assiepati su un balcone. Di un bambino? Di un nano? E lei e la famiglia ridono … Attorno a quell’inconoscibile il regista delinea un contesto di immagini di archivio, di citazioni significative di film d’epoca: le convenzioni e persino l’arte sono impotenti anche solo ad accostarsi alla “persona” celata dentro una cassa serrata, metafora di un’identità fittizia. Questa verità è tanto più cruda quanto più se ne è coscienti. Ed è forse questo il senso dell’ultima novella di Pirandello sull’enigmatico omicidio di una bambina con un chiodo che chiude la pellicola. «… Niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui». Cosi in realtà Pirandello voleva si chiudesse il sipario sul suo canovaccio.
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