Regia di Paolo Taviani vedi scheda film
Co-prodotto con Rai Cinema e dedicato al fratello Vittorio, questo è l'ultimo film di Paolo Taviani, premio FIPRESCI alla Berlinale di quest'anno, immediatamente reso disponibile alla visione nelle sale italiane.
Una premessa:
Questo è un film apparentemente disomogeneo e un po' spiazzante, nato da un progetto che Paolo e Vittorio Taviani avevano condiviso: raccontare la grottesca traslazione delle ceneri di Luigi Pirandello.
Lo scrittore, morto nel 1936, era stato cremato per espressa disposizione testamentaria, in cui esprimeva anche l'imperativa volontà che a Girgenti, l'odierna Agrigento, avvenisse la dispersione in mare delle proprie ceneri.
In tal modo avrebbe sottratto ciò che restava di lui, devastato dalla malattia, all'enfasi retorica dei funerali fascisti e sarebbe tornato ai luoghi delle origini, fra la gente della borgata di Cavusi - ribattezzata Caos - che egli aveva raccontato nelle novelle e nelle pièces e che, rispecchiando nelle proprie contraddizioni le luci abbaglianti e le oscurità misteriose della propria terra, offriva materia inesauribile alla sua ispirazione.
Nel 1985, dopo aver terminato e presentato in sala l'ultimo film, Kaos, i fratelli Taviani avevano proposto al loro produttore, Giuliani G.De Negri, di aggiungere un ultimo episodio: la storia delle ceneri dello scrittore, ma il produttore era rimasto senza soldi e non se n'era fatto nulla.
Eppure, quella storia, tragicomica e grottesca, sembrava essere stata suggerita dallo scrittore stesso, smarrito spettatore della propria esistenza - breve attimo, ed è subito sera - e testimone attonito delle tortuose disavventure che l'urna dei suoi resti, provvisoriamente conservata al cimitero del Verano, aveva sopportato per arrivare a destinazione.
Soltanto nel 1946, infatti, quelle ceneri erano arrivate ad Agrigento, dopo un percorso a ostacoli in cui la seconda guerra mondiale, l'interesse americano verso il grande scrittore*, l'interesse del governo italiano, le discussioni sull'opportunità di benedire un'urna sconsacrata, i funerali in una nuova urna finto-greca offerta dal governo americano, avevano dilatato imprevedibilmente i tempi e sembravano rinviare sine die la dispersione delle ceneri, avvenuta, infine, cinque anni dopo... pirandelliamente per caso.
Il film, che si apre e si chiude con immagini ispirate a due novelle di Luigi Pirandello**, nasce - secondo le dichiarazioni di Paolo Taviani - sia per ricordare Vittorio, che insieme a lui l'aveva ideato e per il quale aveva lasciato indicazioni e appunti, sia per ricordare i film della gloriosa stagione del neorealismo italiano, dei grandi registi che avevano rappresentato le tragedie, le lacerazioni, i collettivi dolori degli anni di cui oggi si va perdendo memoria, ma che grazie agli archivi e ai documenti di Cinecittà, egli ha ritrovato e fatto rivivere.
Incastrando con raffinata perfezione il materiale d'archivio e quello della propria immaginazione, il regista alterna al bianco e nero delle immagini del decennio fra il 1936 e il 1946 il colore che riconduce alle novelle dell'inizio e della fine del film, collegate dalla bella musica di Nicola Piovani e da un percorso narrativo ellittico eppure profondamente unitario, che va dall'infelice protagonista di Leonora addio, alla bimba di Il Chiodo, dalla storia di Bastianeddu, a L'altro figlio del film Kaos, presente anche nelle sequenze "western" della carrozza a cavalli lungo la costa siciliana davanti a Malta e nelle suggestioni delle sabbie bianchissime dell'Isola della pomice.
Bellissima e misurata l'interpretazione di Fabrizio Ferracane, nei panni del funzionario incaricato di custodire l'urna da Roma fino alla sua finale destinazione. Un viaggio movimentato; un thriller, quasi...
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* Premio Nobel nel 1936, ma presente negli Stati Uniti nel 1930, a Hollywood, per seguire le riprese del film tratto dalla sua opera teatrale Come tu mi vuoi.
**Leonora addio del 1910, che diede vita alla pièce Questa sera si recita a soggetto e Il Chiodo, scritta poco prima di morire (1936) sulla quale l'autore era tornato più volte - già molto malato e privo di forze - senza riuscire a farne la pièce che aveva in mente.
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