Regia di Laurent Cantet vedi scheda film
Straordinario. Uno dei pochi film che "entra in fabbrica". E la cosa sensazionale è che riesce ad evitare ogni tentazione retorica o demagogica. La regia non sbaglia un tempo, un'inquadratura, un movimento. La sceneggiatura è ammirevole per la capacità di bilanciare le ragioni dei personaggi, evitando banali contrapposizioni idelogiche o generazionali e costruendo personaggi complessi, attendibili, umani. Gli interpreti sono perfetti. Un'opera che riesce a commuovere nonostante l'asciuttezza espressiva. Anzi, più la mano di Cantet è ferma, più si stringe il nodo in gola allo spettatore. Perchè, in fondo, le questioni lavorative, per quanto indissolubilmente legate alle faccende politico-sindacali-padronali, esigono il dazio più salato alle persone più deboli, più manipolabili (siano essi anziani lavoratori indefessi o giovani neolaureati idealisti), mettendo in subbuglio l'armonia all'interno delle famiglie. Quella che vive la famiglia Verdeau è allora una vera e propria tragedia, poichè presuppone lo scioglimento di un dilemma atroce: a cosa sono valsi i sacrifici per far studiare Frank? e in che modo, quest'ultimo, potrà ripagare i propri genitori di decenni di vita grama? La domanda, intrisa di infinita amarezza, parrebbe condurre ad un esito positivo, allorchè Frank deciderà di mettere il suo ingegno (frutto di anni di studi, oltre che di un'innata propensione alla leadership) al servizio della "causa". Ma l'ultima, inquieta inquadratura del film rimette tutto in discussione: qual è il posto di ognuno di noi? In fabbrica? O altrove? Ed ecco che un'ombra di pessimismo esistenziale pervade l'immagine finale del film, negando ogni possibile catarsi. Davvero un grande film. Cantet in stato di grazia.
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