Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Concretizzare la vita solo dopo la morte. Il messaggio finale del film, premio Oscar, di Sam Mendes è piuttosto chiaro: quello che non apprezziamo quando lo viviamo, diventa essenziale e tremendamente bello, quando non possiamo averlo più. Sembra una cosa chiara ormai in ogni campo, soprattutto affettivo. L’insofferenza familiare, l’annullamento personale che ne deriva, è raccontato dal regista inglese che più sembra in grado di analizzare gli aspetti più diffusi ma celati di una tipica famiglia contemporanea … e non. Otto nomination agli Oscar, cinque vinti, tra cui miglior film, regista e attore protagonista per quel Kevin Spacey che magistralmente interpreta il capofamiglia insoddisfatto, dedito alla conquista di giovani donzelle. Lo sguardo, profondamente desideroso, riflette l’infelicità di una vita piatta e scordata dal tempo che torna a ticchettare dopo una fraintesa(?) occhiata adolescenziale che gli risveglia i placati istinti. L’esordio (col botto) cinematografico di Sam Mendes è una commedia amara col finale già preannunciato che comunque non intacca la curiosità dello spettatore. Per qualcuno sopravvalutato, per me una bomba pronta ad esplodere che, chissà perché, finisce per implodere. Colpa forse di un cast non sufficientemente preparato ma Spacey e Chris Cooper, valgono da soli l’intera pellicola, se poi ci mettiamo la colonna sonora di Thomas Newman, allora si che diamo senso all’estasi che provoca … o quasi.
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