Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Scansato e sottomesso dalla moglie frigida e arrivista (Annette Bening), rifiutato dalla figlia adolescente (Thora Birch), un patetico quarantenne altoborghese della provincia americana (Kevin Spacey) punta su una rinascita che prende spunto dall'idea di portarsi a letto un'amichetta di sua figlia. Decide così di lasciare il lavoro, comincia a fumare spinelli e a fare palestra, si sbarazza dell'oppressione della moglie. Ma quando capisce che la sua è una corsa verso l'effimero è ormai troppo tardi.
Al suo esordio dietro la macchina da presa, il giovane Mendes punta alto, con un inizio in ossequio al Viale del tramonto di Wilder e una struttura che vanta illustri precedenti nella propria araldica: da La lunga estate calda a I peccatori di Peyton, L'ultimo spettacolo, Mare d'erba e naturalmente l'Altman di Nashville e America oggi, tutte opere che fanno dell'analisi della vita di provincia americana il proprio punto di forza. Osannato dalla critica, il film tuttavia non sembra potersi guadagnare tanto blasone: i suoi personaggi patetici ed effimeri sembrano delle caricature e il materiale che la sceneggiatura di Alan Ball tratta pare debordante: voyeurismo, problemi di identità, omosessualità sono tematiche che la scrittura filmica di Mendes non sembra padroneggiare con agilità, come accadeva invece in Sesso, bugie e videotape, rispetto al quale il co-protagonista Peter Gallagher sembra fungere da ideale treit-d'union. Una buona dose di umorismo e la splendida colonna sonora di Thomas Newman sono certamente due degli elementi della "bellezza americana" della quale va a caccia il titolo. Superpremiata l'opera di Sam Mendes: miglior film, regia, attore protagonista, sceneggiatura e fotografia.
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