Regia di David Fincher vedi scheda film
Uno squarcio sulla vita di Mank, il grande sceneggiatore Herman J. Mankiewicz, Oscar nel 1942 per il copione di Quarto potere.
Ritmo e un pizzico di azione, battute argute e musiche in odore di jazz/charleston (peraltro di un duo da non sottovalutare: Trent Reznor e Atticus Ross), personaggi celebri sullo sfondo e in primo piano un protagonista che ha vissuto dietro le quinte la sua intera esistenza: Herman J. Mankiewicz, detto Mank. Sceneggiatore hollywoodiano di successo, il Nostro raggiunse l’Oscar grazie al capolavoro di Orson Welles Quarto potere (1941), scritto in tempi rapidi e con una frattura alla gamba che lo costringeva a letto per la maggior parte del tempo; come è noto il film ebbe particolare successo tra pubblico e critica, ma generò anche una lunga serie di problemi ai suoi autori essendo palesemente ispirato alla parabola del magnate W. R. Hearst, che Mank ben conosceva. Appassionato di alcol e gioco d’azzardo, frequentatore del bel mondo di Hollywood, lo sceneggiatore ebbe una vita sufficientemente movimentata da ispirare un film su di essa: eppure nel complesso questo Mank lascia parecchio a desiderare, sembra un prodotto piuttosto ‘di maniera’, prevedibilmente composto da quegli elementi banalizzanti esposti in incipit; per quanto frutto di indubbio mestiere, a deludere è proprio – e a pensarci bene non è neppure tanto ironico – la sceneggiatura di Jack Fincher, padre del regista. Dal canto suo il figlio David ne onora la memoria (Jack è scomparso nel 2003) con un prodotto ben confezionato, con la stereotipata ciliegina di una fotografia in bianco e nero – ma digitale, percui farlocca all’ennesima potenza – firmata da Erik Messerschmidt. Nel cast Gary Oldman, Amanda Seyfried, Tom Burke, Tom Pelphrey, Lily Collins, Arliss Howard e Charles Dance. 4,5/10.
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