Regia di Shawn Papazian vedi scheda film
Seguito ordinario, che sconfina dal torture-porn (con trapanazioni di arti frequenti) all'horror puro. Lo fa in maniera caotica e spesso irrisolta, lasciando intravedere come la sceneggiatura sia stata scritta in fretta e furia. La regia è convincente e il ritmo è sostenuto, ma la trama offre situazioni decisamente surreali.
Old Highway (California), 1972. Una famiglia composta da una madre ninfomane, un padre ossessionato dalla religione, due figli gemelli autistici e un altro deforme, offre un passaggio, su un camper, all'autista di un pick-up rimasto a piedi per un guasto al motore. Durante una sosta l'uomo viene sorpreso in intimità con la madre, scatenando l'ira del coniuge che senza troppi ripensamenti lo uccide e ne seppellisce il cadavere, non prima di avergli mozzato una mano, tagliato la lingua e tolto gli occhi. Tornata dall'oltremba la vittima compie una strage falcidiando, letteralmente, l'intera famiglia. Un salto temporale, in avanti di 35 anni, ci porta ad Argyle, una piccola cittadina texana nella quale ha fatto ritorno, dopo una missione militare in Iraq, Tom (Richard Tillman), fratello di Jess (Joseph George Mendicino). Deciso a scoprire che fine abbia fatto Jess, scomparso da un anno assieme alla fidanzata Nicole (Julie Mond), Tom decide di ripercorrerne le tracce partendo per la California assieme alla fidanzata Marilyn (Jessie Ward) e all'amico Jared (Graham Norris), quest'ultimo segretamente infatuato di Nicole. Coincidenza vuole che i tre finiscano per effettuare lo stesso percorso di Jeff e Nicole, facendo sosta proprio al "Rest Stop", luogo d'azione del killer-fantasma sempre in movimento con il suo pick-up giallo.
"C'è una vecchia leggenda indiana: se vieni sepolto senza gli occhi, il tuo spirito è costretto a vagare sulla terra. Irrequieto, smarrito, e nel dolore eterno."
(Addetto alla stazione di servizio, interpretato da Steve Railback)
Riprendendo la storia dalla conclusione di Rest Stop (2006), John Shiban (stavolta coinvolto solo come produttore e sceneggiatore) introduce sin dalle prime sequenze il tema soprannaturale, facendo chiaramente intendere come in quell'area di sosta infernale siano presenti fantasmi: dalla famiglia in camper alle vittime, compreso la stesso killer. Dirige, nient'affatto male, Shawn Papazian per quanto anch'esso più attivo come produttore. Se si riesce a tollerare questo deciso affondo nel paranormale, Rest Stop: Don't Look Back finisce per essere migliore del primo capitolo, con una trama più elaborata, situazioni imprevedibili e un ritmo più andante anche grazie a interpretazioni convincenti. Effetti speciali sul livello del precedente, anche perché realizzati dallo stesso staff così come, a livello tecnico, a occuparsi della musica e della fotografia sono le stesse maestranze, rispettivamente Bear McCreary e Jas Shelton. Anche questa è, ovviamente, una piccola produzione indipendente realizzata per l'home video, con un finale che resta aperto a un terzo capitolo mai girato data la tiepida accoglienza riservata dal pubblico.
"E allora mi sono guardato negli occhi. Raramente ci si guarda, con se stessi, negli occhi, e pare che in certi casi questo valga per un esercizio estremo. Dicono che, immergendosi allo specchio nei propri occhi – con attenzione cruciale e al tempo stesso con abbandono – si arrivi a distinguere finalmente in fondo alla pupilla l'ultimo Altro, anzi l'unico e vero Sestesso, il centro di ogni esistenza e della nostra, insomma quel punto che avrebbe nome Dio. Invece, nello stagno acquoso dei miei occhi, io non ho scorto altro che la piccola ombra diluita (quasi naufraga) di quel solito niño tardivo che vegeta segregato dentro di me. Sempre il medesimo, con la sua domanda d'amore ormai scaduta e inservibile, ma ostinata fino all'indecenza."
(Elsa Morante)
Trailer
F.P. 15/08/2023 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 89'02")
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