Regia di Bo Burnham, Christopher Storer vedi scheda film
One-man-show di un’ora tonda di durata di Bo Burnham, comico e cantautore statunitense, tra racconti spiazzanti, effetti video e audio, dialoghi con il pubblico e naturalmente canzoni dissacranti.
Questo è il terzo spettacolo scritto e interpretato da Bo Burnham, ragazzo prodigio della comicità in musica e già fenomeno di YouTube; a distanza di tre anni da what. (sic; 2013) e di sei da Words words words (2010), l’appena venticinquenne Burnham torna sulle scene con un’ora di canzoni, battute ed effetti speciali audio e video perennemente sul filo del surreale e del politicamente scorretto. L’obiettivo dovrebbe essere quello di lasciare il pubblico spensierato per sessanta minuti, ma fin da subito la voce off avverte: in realtà non è garantita la felicità per nessuno dei presenti, tranne che per colui che sta sul palco. Burnham sfrutta come sempre l’autoironia per dire cose anche disturbanti o in apparenza controproducenti, riuscendo a tenere incatenato (e incantato) lo sguardo del pubblico con un continuo movimento sul palco tra tastiera, microfono, balli e recitazione di sketch e con un ritmo eccezionale. Make happy è forse il suo spettacolo più riflessivo fino a questo punto e anche quello costruito in maniera (leggermente) più solida, con una maggior coesione fra i vari spunti ed elementi della scaletta; ciononostante a Burnham piace spiazzare l’audience e scardinare le regole non scritte del palcoscenico, per cui non ci si può aspettare in ogni caso uno spettacolo troppo ordinato o lineare. La chiusura agrodolce è decisamente azzeccata, con l’aperta dichiarazione d’amore del protagonista verso la sua famiglia; produzione Netflix. 7/10.
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