Regia di Francesco Barilli vedi scheda film
Silvia, signora borghese, viene turbata dai discorsi di un antropologo e comincia a interessarsi dei riti primitivi delle tribù africane. La cosa la riporta indietro all'infanzia, punto della sua vita in cui si annida un trauma sepolto, ma ancora decisamente vivo.
Dopo qualche esperienza come interprete, passata inosservata, Francesco Barilli esordisce nel lungometraggio con questo Il profumo della signora in nero, datato 1974. Il regista firma anche la sceneggiatura, insieme a Massimo D'Avak; si tratta di un buon thriller realizzato con mezzi modesti, ma non scarsi, dotato di qualche momento sufficientemente coinvolgente e di un cast non eccelso, ma funzionante. Ciò che principalmente non va nella pellicola è il mix non troppo amalgamato di paura-tensione e psicologia-antropologia, tutto gettato in un calderone moderatamente solido, ma comunque non abbastanza spazioso per accogliere tanti spunti da tanto differenti direzioni. Mimsy Farmer è la splendida protagonista, già vista in alcune produzioni italiane degli anni precedenti e soprattutto nell'analogo (come toni e come argomenti) 4 mosche di velluto grigio (Dario Argento, 1971); fra gli altri interpreti si segnalano Maurizio Bonuglia, Mario Scaccia, Orazio Orlando e la piccola Lara Wendel, tedesca, nove anni e già apparsa in una manciata di film nostrani. Se la tensione non è uniforme nel corso della trama, comunque la direzione di Barilli è immaginifica quanto basta per lasciare un segno positivo sullo spettatore; merito senz'altro anche della fotografia di Mario Masini e della colonna sonora di Nicola Piovani. 4/10.
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