Regia di Francesco Barilli vedi scheda film
Una donna dall'infanzia traumatica è vittima inconsapevole delle macchinazioni di una setta che vuole farla impazzire per effettuare un misterioso rituale...
Già dalla sinossi della trama la memoria non può che correre a "Rosemary's Baby" di Roman Polanski, principale ispirazione di questo exploit registico di Francesco Barilli ambientato prevalentemente nel quartiere romano Coppedè. Ma se la fascinazione per l'occulto, la presenza di una setta segreta, l'ambientazione urbana, l'orrore che si cela nel quotidiano e incalza un'isolata protagonista femminile (in questo caso l'eterea Mimsy Farmer) ricordano il capolavoro del regista polacco, lo stile adottato dalla regia, la violenza mai troppo presente ma comunque ben sopra le righe e l'ossessione per il rimosso freudiano ne fanno un ibrido riuscitissimo tra horror psicologico americano e macabro giallo all'italiana. Cresciuto in una famiglia d'artisti con un'inclinazione per la pittura e con un passato da tuttofare nel mondo del cinema, Barilli riempie il suo film di immagini dai rimandi pittorici, giochi di luci e di specchi, inquadrature dal rigore geometrico e un'atmosfera malsana a metà tra sogno e realtà. Spesso le allucinazioni della protagonista si confondono con gli elementi razionali della narrazione al punto da rendere difficile discernere tra i due, con un finale scioccante ma genialmente preannunciato da un dialogo ad inizio film che fornisce la chiave per ricostruire logicamente quanto visto dallo spettatore.
Incompreso all'uscita nelle sale ma presto rivalutato grazie all'efficacia nell'inquietare il pubblico con una suspense continua, un condominio abitato da gente apparentemente affabile ma sottilmente snervante, sequenze oniriche girate con grande eleganza formale e una prova recitativa di Mimsy Farmer assolutamente perfetta.
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