Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Che tristezza, vedere quanto sia caduto in basso il bravo Gigi Magni. Non c'è proprio niente da salvare in questa pellicola malnata e malriuscita. Non ha niente da spartire con film dall'ironia caustica ed anticlericale come "Nell'anno del Signore" o "In nome del Papa Re", ma perfino il mediocre "In nome del popolo sovrano" è diverse spanne sopra. Qui proprio non si sa, fin dalla sceneggiatura (bucata come un colabrodo, con particolari che non tornano neanche a pagarli: tanto per fare un esempio: Cecilia entra di notte in casa del capitano delle guardie senza neanche bussare), dove andare a parare ed un finale interminabile sembra brancolare alla ricerca di una conclusione quanto meno plausibile, che non viene trovata. La trasformazione del carbonaro Zaccaria in un oste di campagna fa tristemente venire alla mente il finale di "Sette chili in sette giorni" (sì, proprio il film con Verdone e Pozzetto), dove i due protagonisti trasformano la clinica per dimagrire nel ristorante "I due porconi". Gifuni (che, suvvia, non è poi quel granché come attore) e Mastandrea sono completamente fuori parte, per non parlare di Claudio Amendola. Lucrezia Lante della Rovere forse è troppo vecchia per la parte e sicuramente non sa recitare. Quanto, infine, a farla passare per "la più bella donna di Roma" ce ne vuole di coraggio: figuriamoci le altre!
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