Regia di Régis Wargnier vedi scheda film
Alcuni incauti esuli tornano in Unione Sovietica, invitati da Stalin.
Nel 1946 Stalin, per motivi poco chiari, invitò gli esuli del post-rivoluzione russa a rientrare in patria, promettendo loro un passaporto sovietico. Ma, al loro arrivo, l'accoglienza fu gelida: la maggior parte fu mandata nei campi di lavoro forzato, mentre qualcuno fu costretto a collaborare con il KGB. Il ritorno in Occidente fu loro precluso.
Questa, in soldoni, la premessa e la cornice della trama di questo film, che racconta una storia realmente accaduta.
Il racconto e l'azione drammatica sono ben costruiti, e la trama ci tiene abbastanza con il fiato sospeso fino alla fine. Anche la ricostruzione di ambiente e storica sono abbastanza accurate. Dove il film scricchiola è nella rappresentazione del difficile rapporto tra i coniugi, tra relazioni extra-coniugali, pentimenti, ricatti dell'autorità e collaborazione forzata con essa, desideri di fuga e sensi di colpa. Là ci voleva, più che la penna, il bisturi di un altro sceneggiatore.
In generale, vediamo una coppia la quale, dopo la fatale decisione di tornare in patria, scivola inesorabilmente lungo un pendio, dove la felicità fa capolino solo a momenti, e a volte viene ricacciata per decisioni sbagliate dei singoli (come, secondo me, quella finale).
Nessuno dei quattro principali personaggi è veramente simpatico, o veramente da condannare. Tutti hanno pregi e limiti, virtù e debolezze. Oleg Menšikov, il protagonista de “Il Barbiere di Siberia” di Nikita Mihalkov, dà una prova convincente, come pure Sandrine Bonnaire. La ricordo, bellissima, in “Ai nostri amori” (1983) di Maurice Pialat. Invece la Deneuve, partecipazione di lusso, dà un'interpretazione più di maniera, e forse non troppo convinta. Infine una triste curiosità sul ragazzo Sergej Bodrov: era figlio di padre omonimo, a sua volta regista di “Il prigioniero del Caucaso”, una pellicola che ebbe una discreta diffusione in Italia nel 1996. Tre anni dopo “Est-Ovest”, divenuto anch'egli regista, perì con tutta la troupe sull'alto Caucaso, sotto una valanga, I loro corpi non sono mai stati trovati.
Al di là di qualche limite, è un film che si guarda volentieri, e apre uno spaccato sul tema poco conosciuto del dopoguerra in Unione Sovietica, e dell'infelice rientro degli esuli.
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