Trama
La vita della mitica Billie Holiday, una delle più grandi cantanti jazz di tutti i tempi, e la sua tormentata relazione con il successo, la dipendenza e l'amore.
Approfondimento
GLI STATI UNITI CONTRO BILLIE HOLIDAY: MORIRE PER UNA CANZONE
Diretto da Lee Daniels e sceneggiato da Suzan-Lori Parks, Gli Stati Uniti contro Billie Holiday racconta una storia impensabile agli occhi di oggi ma realmente accaduta negli Stati Uniti, nazione in grado di tormentare qualcuno solo per aver cantato una canzone. Il testo incriminato era quello di Strange Fruit, grande canzone di protesta di Billie Holiday contro il linciaggio e l'uccisione di persone, in particolare uomini, rei soltanto di avere la pelle nera. Le leggi Jim Crow non trovavano sostegno solo nel Sud: tutta la nazione era razzista e Billie Holiday ne era consapevole per averne provato sulla sua pelle le conseguenze. Per lei, donna nera e povera, la sopravvivenza era di per sé una vittoria e aver agguantato il successo, rendendola una cantante amata sia dai neri sia dai bianchi, non l'aveva né avvantaggiata né protetta: la fama di certo non avrebbe potuto salvarla dal piano ordito contro di lei per essersi rifiutata di smettere di cantare Strange Fruit. Incapace di mettere da parte i propri demoni personali, Holiday faceva ricorso a uso di sostanze stupefacenti, lecite o meno, per intorpidire il dolore legato alla sua difficile infanzia, alle sue sfortunate scelte in amore e alle sfide quotidiane che la vita le offriva. E il Governo, il suo Governo, ne era a conoscenza e usò il suo punto debole per colpirla. In una guerra impari e ingiusta, l'Antidroga diretta da Harry Anslinger assunse il nero Jimmy Fletcher per infiltrarsi nei circoli jazz frequentati dalla cantante e incastrarla. Il piano non ebbe vita facile dal momento che Jimmy finì per innamorarsi di Billie. A nulla però servirono i suoi tentativi di salvare Billie da una morte orribile.
A uccidere Holiday a soli 44 anni nel 1959 fu per davvero il governo? Con la direzione della fotografia di Andrew Dunn, le scenografie di Daniel T. Dorrance, i costumi di Paolo Nieddu e le musiche di Kris Bowers, Gli Stati Uniti contro Billie Holiday prova a dare una risposta a questa domanda partendo dal capitolo dedicato alla cantante (The Black Hand) presente nel best seller Chasing the Stream: The First and Last Days of the War on Drugs scritto da Johann Hari e pubblicato nel 2015. "Quando si descrive Billie Holiday - ha raccontato il regista Lee Daniels - troppo sbrigativamente la si liquida come cantante jazz iconica e tossicodipendente. In molti credono che la sua morte è legata alla droga, all'alcol e agli uomini sbagliati a cui si legava. Eppure, la sua storia rivela aspetti che in pochi prendono in considerazione. Nessuno la ricorda come una paladina dei diritti civili. Si pensa sempre e solo a Martin Luther King o Malcolm X ma mai a lei, che invece era una ribelle a tutti gli effetti e non si è mai piegata alla supremazia dei bianchi che volevano zittirla. Nel 2020 pensare che si può perseguitare qualcuno per una canzone appare ridicolo ma gli anni Trenta erano molto differenti. Le canzoni di protesta erano all'ordine del giorno e, quando nel 1939, Holiday cantò per la prima volta Strange Fruit (il cui testo era stato pubblicato due anni prima come poesia) in un night club di New York, il Café Society, davanti a una platea di bianchi il pubblico rimase in silenzio: la musica di quell'anno era segnata da hit come Over the Rainbow di Judy Garland e When the Saints Come Marching In di Louis Armstrong, molto più rassicuranti. Pe capire meglio il peso del testo, basta ricordare che John Hammond, il produttore della cantante, e la Columbia Records, la sua casa discografica, si rifiutarono di registrare e far uscire la canzone, pubblicata successivamente dalla Commodore, una piccola etichetta indipendente".
Il cast
A dirigere Gli Stati Uniti contro Billie Holiday è Lee Daniels, regista e produttore statunitense. Nato nel 1959 a Philadelphia, ha frequentato la Lindenwood University nel Missouri prima di trasferirsi a Los Angeles e tentare la carriera nel mondo del cinema. Grazie ai soldi guadagnati con la vendita della sua… Vedi tutto
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Commenti (3) vedi tutti
Daniels dirige benissimo e ci cala in quella bolgia dantesca chiamata Stati Uniti dove una donna fiera e indomita lottò fino alla morte e dove i suoi persecutori furono premiati da Kennedy, quello buono. Day e colonna sonora ottimi. Non altrettanto, purtroppo, il doppiaggio.
commento di bombo1Viaggio nell'ipocrisia razzista americana degli anni '40.
commento di gruvierazAndra Day magnifica Billie Holiday, meritato Golden Globe, brava come Diana Ross ne “La Signora del blues”.
leggi la recensione completa di claudio1959