Regia di Julius Berg vedi scheda film
Un film di Ken Loach diretto da Sam Raimi.
La storia è nota - per rimanere all’oggi: “the Visit” di M. Night Shyamalan e “Don’t Breathe / Man in the Dark” di Fede Alvarez -, ma è ben raccontata ed interpretata, e Julius Berg, per il suo esordio nel lungometraggio (dopo lunga gavetta nella serialità media) la ri-mette in scena per l’ennesima volta, ma lo fa per benino: il film scorre ch’è un piacere, con un minimo di iperrealismo sociologico ed un massimale di sospensione dell’incredulità (non per il contesto, ma per alcune scelte e mosse psico-comportamentali della co-protagonista principale in relazione al dipanarsi degli eventi: la pistola in bella vista sul tavolo e facilmente agguantabile tralasciata invece per un coltello...) ben presto raggiunto e che, come appena detto, spesso e volentieri supera la soglia di sbarramento verso il “Ma che cazzo, dai!”, senza però risultare, mai, troppo fastidioso. Ed anzi l'opera in alcuni momenti fa “paura” ed è disturbante il “giusto”.
La sceneggiatura è del regista che la scrive con Mathieu Gompel e Geoff Cox traendola dal graphic novel “Une Nuit de Pleine Lune” (2011) di Hermann e Yves H., ovvero Hermann e Yves Huppen, padre e figlio.
Ottimo cast, a tratti eccellente: Maisie Williams (“Game of Thrones”, "the New Mutants", “Two Weeks To Live”), Sylvester McCoy (il 7° Doctor Who, Radagast nello Hobbit), Rita Tushingham (tra Free Cinema e Swinging London), Jake Curran (una faccia da caratterista puro), Ian Kenny, Andrew Ellis (che da spalla si trasforma in cancro) e Stacha Hicks.
Fotografia (col cambio di aspect ratio verso la fine che non risulta gratuito ed ha un suo senso tecnico-formale-contenutistico… sensato) di David Ungaro (che ha fatto gavetta sui set anni ‘90 di Carax e Altman). Montaggio di Marc Boucrot (che ha lavorato di concerto con Noè ed altri su “Enter the Void”). Musiche di Paul Frazer e Vincent Welch che, soprattutto nel finale in 4:3 inglobato nel 2.35:1, esprimono un loro perché ed assumono valenza e potenza.
Bel prologo bucolico nella “selvaggia” campagna collinosa del Kent: un lento e breve movimento di macchina a girare sul proprio asse di 180° verso destra che sbuca, sfocia, collassa in “TrainSpotting”.
Un film di Ken Loach diretto da Sam Raimi.
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