Regia di Neil Jordan vedi scheda film
Fine di una storia. Storia di un odio. Odio verso chi? Lo vedremo in seguito. Dalle memorie di Graham Greene, Neil Jordan non trae un semplice melodramma dall’esito tragicamente scontato. Palesemente autobiografico, è un giallo dell’anima in cui si ritrovano moltissimi ingredienti. Dicevo dell’odio. Parte da questo sentimento Maurice, l’alter ego di Greene (un febbrile Raph Fiennes), che si innamora di Sarah (l'eccellente Julianne Moore), moglie di Henry (l'ottimo Stephen Rea), per parlare della turbinosa storia d’amore che lo travolge. Odio verso chi? Non è ancora il momento di svelare l’arcano. Più facilmente sono rintracciabili gli elementi classici: il racconto sentimentale è tormentato, la passione si sviluppa dagli anni immediatamente prima del secondo conflitto mondiale fino a poco dopo la conclusione della guerra. È visto e vissuto dalla parte di lui, che è anche narratore, lei è raffigurata proprio come una figura nei confronti della quale si veicolano le pulsazioni più ardenti.
È un racconto borghese, ambientato in svariati luoghi caratterizzati da un minimo comune multiplo: sia tra le ovattate stanze della casa di Sarah che nel ristorantino del primo incontro, sia durante i bombardamenti che nella nuova abitazione dei due amanti si respira quella specifica aria creata dall’incontro di eros e thanatos. Una sorta di precarietà dell’anima: non si naviga mai in acque sicure quando c’è di mezzo l’amore. Ci sono spruzzate di amor-follia, più che altro dovute alla gelosia (“Misuravo l’amore con il metro della gelosia”, ma essendo la sua gelosia sconfinata allora il suo amore era sconfinato. D’altronde “gli amanti sono gelosi, i mariti sono ridicoli”).
È raro trovare in un film di tale argomento una così approfondita e violenta indagine sul rapporto con Dio. Maurice non è cattolica, più che disprezzare la religione ne è indifferente. Sarah invece, nell’ultima parte, viene vista sotto un’aure di sacralità: è sconvolto Maurice quando viene sapere che il figlio del suo investigatore si è liberato da una grave infezione al solo bacio della donna. Qui, solo alla fine, c’è l’accenno ad una conversione, se non al cattolicesimo almeno alla verità dell’incertezza. Ma allo stesso tempo Maurice non può piegarsi a queste sensazioni: dominato dal dubbio perenne, eppure intriso in una religiosità silente, di cui forse si vergogna, è perpetuamente scettico nelle azioni divine.
Ecco verso chi prova odio: il suo odio è tutto rivolto nei confronti di Dio, colpevole di ogni male esistenziale. Colpevole di aver fatto convertire la donna – convinta che il suo Maurice non si sarebbe salvato dal bombardamento, Sarah fa un voto che la porterà sulla via del signore. Ma è solo il furore del momento, quello dell’uomo? Certo è però che l’odio di Maurice è anche per il marito di Sarah, colpevole di aver reso infelice la moglie. Per il sacerdote che traviò ed ingannò Sarah (ma pure per l’intera categoria). Per la stessa Sarah, responsabile della sua inquietudine interiore. Insomma, è un film tutt’altro che scontato, da analizzare particolarmente e da apprezzare anche nei suoi (pochi) momenti sbagliati (qualcosina nella parte centrale, ma innocua). E poi, diciamolo: alla fine fa pure versare qualche lacrima. Il che non guasta.
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