Regia di Neil Jordan vedi scheda film
Neil Joran è indiscutibilmente competente nel mettere in scena delle trame struggenti ed appassionate. Ha uno stile personale nel romanzare con una certa sensualità dei registri melodrammatici espressamente tragici ed impetuosi. Tuttavia ci sono troppi aspetti di questo "The End of the Affair" non molto convincenti. La novella di Graham Greene a cui si ispira parla di una tormentata storia d'amore tra Sarah Miles (Julianne Moore) e Maurice Bendrix (Ralph Fiennes), la quale a quanto pare prende spunto da un reale rapporto sentimentale che ebbe lo stesso scrittore con la moglie di Harry Walston, un importante magnate londinese. La scena si sposta più volte tra il 1946, anno della scoperta realtiva alla relazione proibita, e il 1939, periodo della frequentazione di Sarah con Maurice; quest'ultimo, quando Sarah prende le distanze, inizia a sospettare un'ulteriore vita segreta della donna, e spesso la fa pedinare da un detective un po' imbranato. In realtà si comprenderà che era stata la stessa Sarah a voler troncare questi incontri furtivi, in seguito ad un giuramento religioso dovuto al miracoloso risveglio dell'amante dopo aver perso conoscienza per l'esplosione improvvisa di una bomba nel posto in cui consumavano l'amplesso. La struttura della pellicola, piena di flashback e rimandi al presente (il risvolto finale ove Sarah scopre un malore insanabile), nei numerosi tasselli del plot, è abbastanza frammentaria, e il senso di smarrimento, nel riuscire a seguire adeguatamente il tormentato vincolo amoroso, si rivela più di una volta alquanto incombente. Inoltre, lascia anche qualche dubbio la vena descrittiva degli elementi ecclesiastici; tramite un singolare meccanismo di transitorietà della chiave di lettura, si cerca di rappresentare una sorta di incompatibilità tra i due protagonisti, tradotta evidentemente con la differenza concettuale tra santità e sacrilegio. L'atteggiamento del personaggio di Fiennes nella parte terminale è pittosto elusivo, e non risulta esattamente efficace nel far capire se sia obbiettivamente animato da un sentimento di odio o ardore nei confronti dell'ex amante. La Moore, comunque, nel suo modo di fare, è deliziosa; strazia di tristezza l'astante nel momento dell'improvvisa e dolorosa malattia. Per chiudere farei pure una piccola analisi alla sceneggiatura, la quale, se in alcuni punti sembra temperata e ben eleborata, in altri assomiglierebbe a poco più di uno script preparato per una soap opera. Un lavoro rispettabile, ma, secondo il mio giudizio, riuscito a metà nei costituenti che caratterizzano il ragguaglio narrativo.
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