Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Un padre e un figlio, tanto ricchi da potersi dilettare nell’ozio e nel sesso, nella loro villa di Ginevra trasformata in una sorta di bordello privato. Due città, Kyoto e Ginevra, che l’autore descrive come due Eldorado della prostituzione. E, naturalmente, otto donne e mezzo, che riassumono prototipi vagamente démodé dell’immaginario sessuale maschile: un’orientale, una ex suora, una virago in tenuta da amazzone, un serva fedele, una prostituta che rievoca Louise Brooks, una nana che verrà ribattezzata Giulietta dopo una visione di “La strada”. L’omaggio di Greenaway a Fellini è esplicito fin dal titolo. Ma “8 donne e 1/2” non ha certo la gioia e la passione per l’universo femminile del (pur misogino) Fellini. Tenta se mai la chiusura metaforica di “La grande abbuffata”, senza ritrovarne l’umorismo feroce e la disciplina autocritica. Pare invece che Greenaway, questa volta, nel suo ingabbiare e incasellare, abbia completamente privilegiato il meccanismo alla metafora, l’autocontemplazione alla pur minima autoironia. Come si dicono padre e figlio verso l’inizio: «Questo narcisismo comincia a essere piuttosto noioso, non è vero?».
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