Regia di Marco Masi vedi scheda film
All’officina di uno sperduto paesino messicano, gestita da Manolo e Dada, arrivano prima un motociclista e poi una coppia borghese. Tra i cinque scattano intese (e malintesi) sessuali.
Parte come un thriller dall’ambientazione più o meno esotica, si sviluppa come un dramma psicologico, poi esplode una fragorosa carica erotica spesso persino fuori luogo, eccessiva, e nel mentre si sfiora ripetutamente il melodramma, aumentando lentamente il tasso di violenza sullo schermo; tutto questo con una colonna sonora prettamente da commedia spensierata (palesemente rubacchiata alle melodie degli Oliver onions). Marco Masi ha diretto appena cinque pellicole in vent’anni circa di carriera, ma in questa che è la sua quarta regia ha deciso di recuperare il tempo perduto inserendo (la sceneggiatura è sua) tutta la proverbiale ‘carne al fuoco’ possibile. Come è naturale che sia, specie considerando il budget risicato, il risultato è parecchio pasticciato e non sono molti i colpi che vanno a segno: l’erotismo può anche funzionare (per quanto in salsa intellettuale, con vaghe pretese di indagine sociale e di studio comportamentale dei sessi, lasci un minimo di perplessità), la canzone sui titoli di testa e di coda è accattivante, ma tutto il resto non sembra granché memorabile. A partire dal titolo, che ricorda fin troppo da vicino Il diavolo nel cervello (1972) licenziato appena quattro anni prima da Sergio Sollima; neanche nel reparto interpreti spiccano volti capaci di risollevare le sorti del lavoro: Cristiana Borghi, Robert Marrow, Luigia Giuri, Piero Fabiani alias Peter Fabian e Antonio Maimone sono i cinque attori a disposizione di Masi. 3/10.
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