Regia di Howard Hawks vedi scheda film
Commedia abrasiva che fa pensare più che sorridere.
Howard Hawks declina nelle forme della screwball comedy tematiche non banali come il rapporto del divo dello spettacolo col suo sistema e con la sua arte. Argomento che con tonalità più cupe sarà analizzato per esempio da Bergman 30 anni dopo in Persona. Per noi che amiamo il cinema e più in generale i lavori finzionali di qualunque natura, l'attore appare come una divinità ineffabile e lontanissima. C'è un momento preciso all'interno del film in cui l'attricetta di umili natali (la Lombard) si trasforma in diva: ed è quello in cui l'eccentrico impresario Jaffe pone una stella sul suo camerino, come a voler marcare fisicamente il territorio e a voler separare il microcosmo esclusivo dell'attore da tutto ciò che sta al di fuori, ovvero la macchina produttiva, il pettegolezzo, i fan. In uno sconfinato e unitario villaggio globale come è il nostro mondo attuale, dove tutto appare collegato e niente può dirsi veramente isolato, certi discorsi sembrano sorpassati e anacronistici. Non si dà divismo senza la distanza fra l'oggetto di culto e il veneratore. Le star oggi sono industrie molto prima che artisti: si è perso quel brivido quasi mitologico della metamorfosi, anche se sopravvivono panda come Daniel Day-Lewis a ricordarci che cosa siamo stati. Se è vero come è vero che è il progresso che ha distrutto il divismo, allora vuol dire che il divismo era un fenomeno perfettamente naturale e primordiale connaturato all'arte del recitare, scomparso solo perché il mondo è artificialmente andato avanti. Il dilemma della solitudine della Lombard è reale, non è finzione cinematografica. Tutto il film è costruito intorno a dialoghi teatrali fra la Lombard e Barrymore, che recitano nella vita di tutti i giorni come se non sapessero fare altro, come se avessero perso il contatto con la realtà: come due alienati. La commedia stempera e mitiga quella che però rimane un'amara verità: non si può fare arte, non si può essere davvero protagonisti dell'arte senza che questa diventi una malattia.
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