Regia di John Hyams vedi scheda film
Trama condensata in cinque parole, tre attori tre, corpo minimal. Tutto il resto è grande gioco di tensione, di set, di spazi, in una rutilante e serrata fuga da un simbolico rimosso. Perché il centro del film è proprio questo: la specularità metaforica tra inseguitore e inseguito, vittima e carnefice.
Dopo un inizio alla “Duel”, nel quale i dettagli della vita di Jessica ci vengono man mano svelati dalle telefonate alla madre, si passa a una caccia selvaggia tra i boschi degna della migliore tradizione del genere.
È bravo Hyams (figlio di cotanto padre regista), perché gioca in sottrazione ed esibisce spontaneità e naturalezza preziose, dalle quali la tensione scaturisce vigorosa e inarrestabile in un flusso ansiogeno costante fino all’ultimo fotogramma.
Averne di film così efficaci nella loro semplicità.
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