Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Rossella, nubile e bella diciottenne, vive ancora nella famiglia allargata tra le ossessive
attenzioni dei genitori, gli sproloqui di un cognato filomissino e le svagatezze di un giovane
fratello effeminato. I suoi tentativi di emanciparsi si scontrano con la difficile ricerca di un
lavoro tra impieghi improbabili e datori di lavoro inaffidabili. L'incontro con Giuliano, giovane
anarchico sfaccendato e renitente, mitigheranno le sue disillusioni facendole incontrare l'amore.
Da un'idea originale di Bevilacqua e Vincenzoni e scritto da quest'ultimo insieme all'autore, il
film di Salce prosegue (insieme alla 'Voglia Matta' dello stesso anno) il discorso tra il serio e il
faceto sul disincanto giovanile ai tempi di un incipiente boom economico (correva l'anno 1962)
quando già i modelli sociali propinati da una tentacolare tivù di stato alimentavano le aspettative
di una società che usciva a fativa dalla miseria e dallo squallore della ricostruzione post bellica,
tra l'irrinunciabbile appuntamento con 'Carosello' e le sterminate file di baracche lungo le vie
consolari svettanti di antenne ma prive di servizi igienici.
Eludendo le pruriginose seriosità del dramma neorealista (che pure con Zurlini e Pietrangeli ha dato
prove di alto mestiere), Salce predilige i toni grotteschi ed a tratti surreali di una pungente e
ironica messa alla berlina di uno schematismo ideologico e di una pedanteria culturale (dal cognato
bacchettone e ipocrita al padre ottuso e conservatore, dall'impresario farfallone e inconcludente
allo squattrinato e solitario idealista) che già rappresentavano i tratti salienti di un
irrimediabile provincialismo italico, non rinunciando tuttavia ad una accurata ed attendibile
ricostruzione d'ambiente tra la miseria dei quartieri popolari e l'illusione di benessere (la
cuccagna del titolo) di una Roma di finte occasioni e squallidi trabocchetti (il camerino col flash
per le proditorie pose di nudo). Narrativamente episodico ed a tratti penalizzato da un certo
bozzettismo dei caratteri, è tuttavia un film gradevole nella sua fresca originalità anche e
soprattutto grazie al felice esordio della splendida Donatella Turri, sfortunata e paziente eroina
di una incipiente emancipazione femminile ed al grugno malinconico di un imbronciato e ribelle Gigi
Tenco (anche lui all'esordio cinematografico) che si cimenta, come di direbbe oggi 'unplugged',
nella struggente e memorabile 'Ballata dell'eroe' dell'amico De Andrè. Malinconico e romantico
ritorno in tram di due giovani innamorati reduci da un fallimentare (anche questo) 'suicidio
atomico'.
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