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La cuccagna

Regia di Luciano Salce vedi scheda film

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La recensione su La cuccagna

di maurizio73
6 stelle

Rossella, nubile e bella diciottenne, vive ancora nella famiglia allargata tra le ossessive

attenzioni dei genitori, gli sproloqui di un cognato filomissino e le svagatezze di un giovane

fratello effeminato. I suoi tentativi di emanciparsi si scontrano con la difficile ricerca di un

lavoro tra impieghi improbabili e datori di lavoro inaffidabili. L'incontro con Giuliano, giovane

anarchico sfaccendato e renitente, mitigheranno le sue disillusioni facendole incontrare l'amore.
Da un'idea originale di Bevilacqua e Vincenzoni e scritto da quest'ultimo insieme all'autore, il

film di Salce prosegue (insieme alla 'Voglia Matta' dello stesso anno) il discorso tra il serio e il

faceto sul disincanto giovanile ai tempi di un incipiente boom economico (correva l'anno 1962)

quando già i modelli sociali propinati da una tentacolare tivù di stato alimentavano le aspettative

di una società che usciva a fativa dalla miseria e dallo squallore della ricostruzione post bellica,

tra l'irrinunciabbile appuntamento con 'Carosello' e le sterminate file di baracche lungo le vie

consolari svettanti di antenne ma prive di servizi igienici.
Eludendo le pruriginose seriosità del dramma neorealista (che pure con Zurlini e Pietrangeli ha dato

prove di alto mestiere), Salce predilige i toni grotteschi ed a tratti surreali di una pungente e

ironica messa alla berlina di uno schematismo ideologico e di una pedanteria culturale (dal cognato

bacchettone e ipocrita al padre ottuso e conservatore, dall'impresario farfallone e inconcludente

allo squattrinato e solitario idealista) che già rappresentavano i tratti salienti di un

irrimediabile provincialismo italico, non rinunciando tuttavia ad una accurata ed attendibile

ricostruzione d'ambiente tra la miseria dei quartieri popolari e l'illusione di benessere (la

cuccagna del titolo) di una Roma di finte occasioni e squallidi trabocchetti (il camerino col flash

per le proditorie pose di nudo). Narrativamente episodico ed a tratti penalizzato da un certo

bozzettismo dei caratteri, è tuttavia un film gradevole nella sua fresca originalità anche e

soprattutto grazie al felice esordio della splendida Donatella Turri, sfortunata e paziente eroina

di una incipiente emancipazione femminile ed al grugno malinconico di un imbronciato e ribelle Gigi

Tenco (anche lui all'esordio cinematografico) che si cimenta, come di direbbe oggi 'unplugged',

nella struggente e memorabile 'Ballata dell'eroe' dell'amico De Andrè. Malinconico e romantico

ritorno in tram di due giovani innamorati reduci da un fallimentare (anche questo) 'suicidio

atomico'.

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