Regia di Giorgio Bontempi vedi scheda film
Paolo, giornalista italiano, vola per lavoro a Parigi. Qui reincontra Annie, sua vecchia fiamma ora legata a Ulrich, e le propone di accompagnarlo nelle successive tappe del suo viaggio, Germania e Polonia. La ragazza accetta e nei giorni che seguono i due rivivono la passione che fu, nuovamente memori però anche delle distanze fra loro.
Non si sa molto di Giorgio Bontempi e neppure di questo Summit, che è il suo esordio come regista; è dato di sapere che fosse giornalista e corrispondente dall'estero, il che rende presumibilmente autobiografica la materia di questo film, da lui stesso scritto, che forse senza la partecipazione di Gian Maria Volontè nel ruolo di protagonista, però, sarebbe ancora più sconosciuto. Che ci troviamo nel 1968 è evidente fin da subito: sia gli argomenti che i personaggi, tormentati da dubbi esistenziali espressi da dialoghi con forti connotazioni sociopolitiche, sono l'emblema del concetto di sessantottino; ma il problema principale della pellicola è che Bontempi non fa nulla per andare oltre a tale concetto. La storia è infatti riassumibile in poche parole e non presenta grandi elementi di interesse; i personaggi, pur definiti in maniera sufficientemente credibile, sono spesso in balia delle idee che le battute che hanno in bocca intendono esprimere. Pur distanti da Godard, siamo comunque in un terreno cinematografico irto di insidie e difficilmente capace di lasciare un segno, quantomeno duraturo. Il personaggio femminile è affidato a Mireille Darc, anch'essa già quotata come attrice, e sulla scena compaiono anche Giampiero Albertini ed Erika Blanc. Un voto in meno andrebbe attribuito soltanto per la scelta di doppiare Volontè; il Mereghetti spiega tale bestemmia (artisticamente parlando) con un improvviso litigio, a riprese ultimate ma prima del doppiaggio, fra l'attore e il regista. 2,5/10.
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