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Cronache di poveri amanti

Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film

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La recensione su Cronache di poveri amanti

di marco l
5 stelle

Chi abbia letto l'omonimo romanzo di Vasco Pratolini sa bene che qualunque riduzione cinematografica, utilizzo il termine riduzione non a caso, priverebbe la storia di aspetti fondamentali del suo fascino. Troppo vaste le sfaccettature che lo scrittore seppe dare, dipingendo un macromondo nel micromondo di una piccola strada, un vicolo a pochi passi da Piazza della Signora a Firenze. Carlo Lizzani accetta la sfida e lo fa concentrandosi su una dimensione a lui nota, quella dell'antifascismo: visti i tempi in cui fu realizzato, quando l'Italia si dava da fare a smacchiare fino all'ultimo alone nero dalla propria pelle, era forse la sola strada percorribile. Ne esce un film in sé decoroso, ma che, se da un lato perde l'originale taglio sociale e sociologico del romanzo, dall'altro non spicca nel filone storico del grande schermo, offuscato da ben altri capolavori del genere. Va detto, tuttavia, che la pellicola affronta, come anche ne I giardini dei Finzi Contini di De Sica, il periodo iniziale del ventennio, concentrandosi non tanto sulle cattiverie del regime in età di sviluppo, quanto invece sulle responsablità di una popolazione ignava e codarda. Così, quelle persiane di Via del Corno dietro alle quali il romanziere intrecciava dinamiche sociali di potere, soggiogazione, amori e tradimenti, divengono per il regista i covi nei quali gli italiani, rintanati nel loro egoismo, stettero a guardare la nascita di un autoritarismo avendone fin da subito ben chiara l'impronta violenta, ma sperando che le cose si risolvessero da sole o, comunque sia, che a toccarne le conseguenze fosse il vicino di casa. Così, anche quando l'ingiustizia si palesa nel suo dramma di sangue, il film chiude su un grido di rabbia strozzato in gola, cui seguiranno quelli di orgoglio patrio gridati nelle piazze.

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