Regia di Gian Luigi Calderone vedi scheda film
Tra i film a tematica morbosa, come tanti sono stati fatti negli anni Settanta, soprattutto dopo il successo, forse non preventivato, di Grazie zia di Samperi (cui rimanda la presenza di Ferzetti), questo di Calderone è uno di quelli realizzati meno peggio, con una sceneggiatura degna del nome e con due ninfette che in seguito avrebbero dimostrato, pur con alti e bassi, di saper stare sul grande schermo. La trama, tutto sommato è anche abbastanza originale, seppure nello schema che deve tendere a certi scopi. Non mancano i luoghi comuni, come Valentina Cortese che eccede nelle sue languidezze di stampo dannunziano, mentre Ferzetti, attore sempre affidabile, appare alquanto spaesato. E resta, in ogni caso, il sospetto che il film abbia voluto solleticare gli istinti all'epoca più repressi della sessualità maschile adulta, allettata dalle foto di David Hamilton ed altri ammennicoli simili.
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