Regia di David Lynch vedi scheda film
La storia vera di Alvin Straight è diventata il film più "normale" di David Lynch, quello meno sperimentale e visionario e più ancorato alla realtà, seppure si tratta di un'opera che, per il suo poetico elogio della lentezza, risulta agli antipodi del cinema hollywoodiano contemporaneo. Il genio figurativo del regista lo si ritrova in molte inquadrature paesaggistiche, ma anche nella maniera in cui filma l'anziano Richard Farnsworth e ne fa il fulcro di un dramma sulla memoria, le occasioni perdute e la possibilità di riconciliarsi con l'esistenza prima che diventi troppo tardi. Il ritmo è lento come il viaggio in trattore di Alvin, ben dosato tanto che non ci si annoia mai, anche se qualche digressione può apparire leggermente superflua (il discorso con un altro anziano in cui Alvin rievoca un'esperienza di guerra è corretto ma sa un po' di riempitivo), ma si respira quasi sempre aria di grande cinema: le varie fasi del viaggio e i vari incontri del vecchio (in particolare quello con una ragazza incinta scappata da casa) accrescono le risonanze emotive della trama e caricano di ulteriore significato una vicenda che all'apparenza potrebbe sembrare fin troppo esile. Commovente il finale con la riappacificazione col fratello Lyle, interpretato in un breve cameo da Harry Dean Stanton, e come sempre notevole apporto delle musiche di Angelo Badalamenti. Per Farnsworth fu il ruolo di una vita e fu ricompensato con una meritata nomination, anche se all'epoca l'attore era già gravemente malato e il film precede di poco la sua tragica scomparsa; fra i caratteristi si rivede una sempre bravaSissy Spacek.
voto 9/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta