Regia di David Lynch vedi scheda film
La confessione di David Lynch, un viaggio struggente e atipico per i parametri cui ci ha abituato il regista statunitense. Nulla di contorto dunque, di inesplicabile ma solo la tenera e lineare storia di un uomo come tanti. Non c'è nessun orrore in realtà, se non quello paventato dal protagonista con parole mai così vere: "la cosa peggiore della vecchiaia è il ricordo di quando eri giovane". Ed è seguendo questo ricordo, quello del rapporto col fratello, che intraprende un viaggio di redenzione su un tagliaerbe (giacché non ci vede e zoppica, per cui non può guidare). E' un ritratto di una tenerezza infinita quello descritto da Lynch, il protagonista è incommensurabilmente struggente, ai limiti della perfezione. Un ruolo che doveva meritargli l'Oscar, uno sguardo in cui ognuno può vedere se stesso e tutti i propri umani affetti corrosi dal tempo ma vivi, nonostante tutto, nello spirito. Verrebbe voglia di abbracciarlo, di rassicurarlo ma c'è tempo, c'è tutto un viaggio, uno stillicidio di poesia e minuti interminabili, per rendersi conto che non c'è nessuna rassicurazione possibile e l'impotenza è la condizione che domina l'uomo in questi frangenti. Il finale darà il colpo di grazia all'animo già provato dello spettatore, poche frasi ma soprattutto, ancora una volta, l'espressione di Farnsworth che racconta tutto e più di tutto. Commovente sebbene dal ritmo abbastanza piatto e monotono, con un'ottima fotografia ed una colonna sonora soffusa ma necessaria. Lo consiglio però ai cinefili o, comunque, alle persone sensibili a queste tematiche. Tutti gli altri potrebbero trovarlo noioso. Voto: 7/7,5.
Ovattata e discreta ma impeccabile, firmata Angelo Badalamenti.
Nulla. Nonostante i tempi siano diluiti in maniera molto marcata e si sia tentati di ridurli, questo risulta funzionale alla narrazione.
Opera atipica nella sua filmografia ma comunque impeccabile sul piano estetico e molto evocativa.
Straordinario. Recita se stesso, nel ruolo di un anziano malato e claudicante (nello stesso anno gli sarà diagnosticato un tumore alle ossa, causa probabile del successivo suicidio). Il film è lui, non Lynch. Il suo sguardo racconta tutto, le sue espressioni sono distillato puro di tenerezza e malinconia. Commovente oltre ogni misura.
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